Dopo festival e altri concerti in giro, è tempo di ritornare alla mia seconda casa, ossia il Covo Club di Bologna. Venerdì 8 luglio suonano due artisti che, lo si voglia o meno, sono collegati da un filo invisibile che ci riporta indietro direttamente negli anni ’90. Non vi svelo altro e inizio il live report parlandovi del progetto di Cappadonia. Autore delle musiche e chitarrista degli Stella Maris, collaboratore con Il Pan del Diavolo, Sick Tamburo e Gli Avvoltoi, Ugo C. ha anche un progetto da solista molto interessante e dallo stile classico e pulito che comprende ben tre album: “Orecchie da Elefante”, “Corpo Minore” e l’ultimo lavoro in studio “Canzoni per Adulti”. Cappadonia, nonostante un curriculum già parecchio ampio, ci mostra una sua venatura cantautorale ricca e suggestiva, in cui classico e moderno si uniscono. Soprattutto dopo due anni di pandemia, si ha questa grandissima voglia di dare sfogo ai propri pensieri e di esplodere, ma Cappadonia lo fa sempre in maniera molto delicata, arguta e senza mai andare fuori dalle righe. L’artista siciliano, bolognese di adozione, propone un Pop-Rock con venature molto romantiche e anche malinconiche: questo suo stile armonico negli arrangiamenti ricorda molto gli Stereophonics e porta con sè qualche sfumatura British molto elegante.
Andy Bell Space Station. Se dovessi mettermi a scrivere il Curriculum Vitae di Andy Bell finirei domani, quindi riassumo tutto con: Ride, Hurricane #1, Oasis, Beady Eye, DJ e pure collaboratore con The Brian Jonestown Massacre e Pink Floyd. Il mio attaccamento a questo polistrumentista nasce da “Nowhere” dei Ride, essendo una grandissima fan di Shoegaze e affini (non a caso mi capitò di vederlo in concerto proprio col suo amico Mark Gardener in occasione di un’edizione del Ypsigrock di Castelbuono). La shoegaze mi entra nel cuore ogni volta e questo progetto da solista non mi può di certo sfuggire, vuoi per quel “Space Station” che inevitabilmente mi ricorda gli Slowdive (“Souvlaki Space Station”), oppure le idee e le abilità poliedriche di quest’artista. In occasione di questo show, Andy Bell propone un genere completamente strumentale con lui alla chitarra e con basi pre registrate che fanno subito pensare alla voglia di vederlo con una band al completo: sarebbe davvero un live meraviglioso, vibrante e dalle mille sfaccettature, capace di far nuotare e ondeggiare tutto il suo pubblico conducendolo nei principali generi degli anni ’90. C’è ovviamente grande riferimento al BritPop e alla Shoegaze, ma anche al periodo Beatlesiano più psichedelico, alla Madchester (a tratti mi ricorda John Squire de The Stone Roses) e ovviamente a una parte più sperimentale: tutto il mondo di Andy Bell racchiuso praticamente in un Dj Set variopinto, ma con l’aggiunta di chitarre.