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Colapesce e Dimartino: se fosse un’orchestra a parlare per noi [Recensione]

“Nati per vivere o per morire? Questione di sfumature” (da “Nati per vivere/ Born to live”). E di sfumature Colapesce e Dimartino sono dei grandi esperti. Le fanno proprie, le abitano. Per non scegliere un solo stile, per non essere un’unica definizione. Non sono quelli di “Musica Leggerissima”. L’effetto Sanremo rischia di rinchiudere gli artisti dentro il loro maggior successo, evitando di scavare nella discografia passata, presente e futura che, il più delle volte, prende pieghe sorprendenti. Allora Colapesce e Dimartino hanno giocato d’anticipo. E in “I Mortali²”- repack del precedente “I mortali”- reinterpretano i brani più celebri del loro repertorio, spesso scambiandosi i ruoli. In nuove vesti, sembra quasi che canzoni come “Amore Sociale”, “Non Siamo Gli Alberi”, “Copperfield” e “Decadenza e Panna” siano nate così. Come se non si trattasse di una seconda versione, come se non fosse Colapesce a cantare Dimartino e Dimartino a cantare Colapesce.

Ma non solo.

Lorenzo Urciullo e Antonio Dimartino, entrambi siciliani, entrambi influenzati nei loro lavori dal cantautorato italiano del Novecento, raccontano che in un primo momento non c’era un progetto ben definito. L’idea di un album è arrivata dopo, quando si sono resi conto che ci sapevano fare. Che insieme funzionavano. Non era scontato. “I mortali” è arrivato a giugno 2020. “Luna Araba”, un mese prima. Con Carmen Consoli, avevano anticipato i colori e le visioni della Sicilia che avrebbero ricoperto le composizioni dell’intero album. Ci avevano già provato scrivendo “Lo Stretto Necessario” un anno prima per Levante e, anche in questo caso, per la Consoli. La Sicilia è presente in ogni brano, insieme a una nostalgia leggera (anzi, leggerissima) che è alla base del concept de “I mortali”.

Forse la nostalgia era il sentimento più comune nella prima metà del 2020. Il ricordo di quello che si poteva fare nella “vecchia normalità” e le scoperte della nuova. Ma per Colapesce e Dimartino, in una prospettiva più ampia, diventa il sentimento della maturità. Di una giovinezza persa ne “L’ultimo giorno” di scuola, nella “marijuana davanti all’istituto Majorana”, nell’ “Adolescenza Nera, senza bandiera”, in “Rosa e Olindo” e nella loro voglia di evasione per vivere un amore vietato dalla distanza. Per poi comprendere, inesorabilmente, di essere mortali. Finiti. Nel frattempo, però, ci si può godere il viaggio.

“I mortali” per celebrare la vita. Per ricordare la straordinarietà del quotidiano, l’avventura del vivere e il caos degli incastri sociali.

Maestri di scrittura e composizione- fra i pochi esempi di grandi cantautori rimasti nella realtà italiana-, Colapesce e Dimartino possono puntare su due vocalità originali e uniche, che si fondono alla perfezione. Qualcuno ha creduto cantassero insieme da sempre. Sonorità anni ’70 che ricordano le melodie di Enzo Carella ed un tradizionalismo che incontra il cambiamento: da qui nasce la bellezza di una meravigliosa totalità, che racchiude esperienza oltre a una profonda dedizione.

Quella “Musica Leggerissima” dell’ultimo Sanremo è sintesi delle primavere che nella loro carriera hanno sempre cercato di narrare. Senza la fondamentale idea di una musica salvifica, non sarebbe probabilmente stato possibile inondare di intensità i terreni su cui scorrono le loro voci. Trovare nella solitudine la luce del giorno e nella nostalgia l’antidoto all’oblio.

Siamo mortali, dunque siamo vivi. Felici, ma a volte no- come scrivono ne “I mortali”. Destreggiarsi nell’esistenza implica la consapevolezza della fine e, per questo, la straordinaria capacità di saldare i piedi alla sabbia del presente per lasciarsi trasportare dalle onde che bagnano i piedi e le gambe. E ci invitano, con semplicità, a fare un tuffo nel caos calmo degli oceani. Mortali, dunque vivi.

Written By

Studentessa di Comunicazione per le Imprese e dottoressa in Economia dei Beni Culturali e Dello Spettacolo, ha 22 anni, ma al suo primo concerto era nel passeggino, mentre Ligabue urlava contro il cielo. "Il favoloso mondo di Amélie" è il suo film preferito, forse perché, come la protagonista, lascia la testa sulle nuvole, abbandonandosi a una realtà fatta di libri, musica, cinema, teatro e podcast.

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