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“Gigaton” dei Pearl Jam – Tra resistenza e ambientalismo [Recensione]

“Home is where… the broken heart is
Home is where… every scar is”

Dopo trent’anni di carriera, centinaia di esibizioni dal vivo, oltre 85 milioni di album venduti, tornano i Pearl Jam con “Gigaton” per darci un barlume di speranza in questi giorni bui, fatti di paura ed isolamento, e per ricordarci che il rock è sempre più vivo e in salute che mai.

“Gigaton” è un album che non risparmia critiche nei confronti della nostra società, un album che incita al risveglio delle nostre coscienze e alla resistenza. Spesso scaglia dardi feroci contro Trump e altrettanto spesso ci ricorda che il nostro pianeta è in grave pericolo e che, se non ci fermiamo adesso, dovremo dirigerci verso altri mondi da abitare.

Musicalmente la band rimane nella sua comfort-zone, sa di avere dei fan molto esigenti e non proprio abituati ai cambiamenti e si diverte prima a spaventarli con la moderna e assolutamente fuori dagli schemi “Dance Of The Clairvoyants”, brano che ha anticipato l’album e che lasciava presagire la voglia di prendersi qualche rischio in più, salvo poi spiazzare tutti con un lavoro 100% Pearl Jam. Al suo interno ci sono chitarre fiammanti, brani uptempo, ballate e classici midtempo…e l’outsider di cui sopra.

La formazione ha tante cose da dire, le nostre libertà sono sempre più limitate, abbiamo bisogno di un luogo sicuro da chiamare casa, dove c’è un cuore spezzato e dove curare le nostre cicatrici (“Who ever said”). La cavalcata rock di “Gigaton” si apre con chitarre graffianti e sfilettate di batteria, il suono si fa sporco e arrabbiato, come lo sono i componenti di una delle formazioni più longeve del rock, che ci riportano agli anni d’oro della musica già dai primi secondi di ascolto.

“Gigaton” è un disco che se la prende con la brutalità della vita che ci porta via le persone care, ma anche con il sistema, nei cui confronti scaglia la furia di “Superblood Wolfmoon”, dove chitarre graffianti sono protagoniste con tanto di assolo ruggente.

C’è anche spazio per qualche sprazzo di pop che fa capolino in brani come “Dance Of The Clairvoyants”, dove la band si è divertita a provocare un po’. “Quick Escape” è un viaggio di sola andata verso il Pianeta Rosso nel quale ci ritroviamo dopo che la Terra è andata distrutta, un brano che ha una chiara matrice ambientalista e pacifista, accompagnato da una colonna sonora arrabbiata e graffiante. “Alright” invita alla solitudine e al silenzio, i toni si fanno più lievi, il ritmo rallenta, è tempo di prendersi una pausa e di ascoltare il proprio cuore.

Si va avanti con “Seven O’Clock” una canzone dove le frecciatine a Trump si sprecano, ma che parla anche di rinascita, di voglia di uccidere lo sconforto, di lasciarsi il passato alle spalle e di fare qualcosa per cambiare la realtà. L’album riparte nella sua corsa frenetica con “Never Destination” e “Take the Long Way”, per poi rallentare su “Buckle Up”, un pezzo dalle tinte oscure che ci parla di assassini e macchie di sangue, ripromettendosi di non fare del male e di tenere le cinture allacciate ai propri demoni.

“Comes then Goes” è un brano poggiato su una chitarra acustica che colora di tinte accese il fluire dei pensieri che si susseguono nella mente, uno dei brani più struggenti ed apprezzati del disco. L’album si avvia alla conclusione con le riflessioni di “Retrograde”, ma soprattutto con uno dei brani più significativi e sentiti, “River Cross”, che testimonia le riflessioni di un uomo tentato dalla disillusione, ma che spera ancora che la luce avrà la meglio sul buio, vero invasore delle nostre società.

I Pearl Jam sono tornati per riempire con la loro furia il silenzio delle nostre vite sospese, consegnandoci un album che ci offre gli anticorpi necessari per risvegliarci dal nostro lungo torpore in questa fase 2 del pianeta Terra.

Recensione a cura di Egle Taccia

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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