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“L’ultima casa accogliente” degli Zen Circus – [Recensione]

Si intitola “L’ULTIMA CASA ACCOGLIENTE” il nuovo album di inediti degli ZEN CIRCUS, pubblicato lo scorso 13 novembre.

Il disco arriva a due anni di distanza dal precedente “Il fuoco in una stanza”, lavoro che ha consacrato gli Zen Circus come una delle realtà più apprezzate del panorama musicale italiano, traguardo celebrato dalla band con un importante sold out al palazzetto dello sport di Bologna (Paladozza) nel 2019, con la partecipazione in gara tra i big a Sanremo 2019 e la pubblicazione di un romanzo anti-biografico (Mondadori, 2019), entrato direttamente nella Top Ten delle classifiche dei libri più venduti stilate dai maggiori quotidiani e divenuto un vero e proprio caso letterario.

Tutto questo avrebbe facilmente fatto perdere la testa a molti, ma non certo a una formazione così navigata, che ci consegna ancora una volta un album ispirato, lungimirante, ma che si mostra perfettamente in linea col passato. È un disco da divorare in questi tempi bui fatti di silenzio e solitudine, un album che rende l’attesa dei live ancora più trepidante.

Gli Zen Circus ci raccontano la brutale verità di questi tempi distopici in nove brani taglienti e sinceri, di quelli che capitano tra le mani a pochi, senza nascondere o edulcorare nulla del mondo che ci circonda, né le sue brutture né gli spiragli di luce che ogni tanto ci concede. È un disco che parla della nostra casa, del nostro corpo, in bilico tra passato, presente e futuro, racconta quei cambiamenti necessari per intraprendere l’età adulta e accettare noi stessi, costringendoci a separarci dal nostro passato, dal nostro bambino interiore. Spesso si mostra autocritico, diviso tra un atteggiamento analitico nei confronti del passato e uno sguardo di speranza rivolto ad un futuro dove le differenze e le barriere saranno solo un brutto ricordo.

L’album si apre con “Catrame” dove la nuda voce di Appino ci parla ancora una volta del suo privato e con quattro strofe riesce a mettere in musica la campagna contro il fumo più efficace della storia. Entrano poderosamente in campo gli strumenti e veniamo catapultati ancora una volta in quell’universo Zen che tanto amiamo. I testi sono taglienti, le melodie spesso sferzanti lasciano il posto a un giro di chitarra e a un rullante in sottofondo, per raccontarci la storia di chi, perso in una città lontana si ritrova da solo a sfregarsi le mani invece di applaudire, interrogandosi su quanto siamo infinitamente piccoli in questo universo, ma allo stesso tempo unici (Appesi alla luna). In “Come Se Provassi Amore” troviamo tutta l’abilità della formazione nel fare elettronica lavorando abilmente i suoni degli strumenti analogici ed elettrici, talento che avevamo già scoperto nei precedenti lavori. Il pezzo ci regalerà grandi emozioni una volta tornati a riabbracciarci sottopalco. È a questo punto che arriva la sorpresa più grande di questo album, “Non”, uno di quei pezzi così profondamente ispirati, sia nel testo che nella musica, che non si può fare a meno di amare al primo ascolto, uno di quei brani capaci di entrarci dentro e farci volare. Ci si sofferma a riflettere sul tema dell’aborto e sulle maldicenze in “Bestia rara”, un pezzo con un finale strumentale potentissimo; poi si dà uno sguardo al passato (Ciao sono io) e uno al futuro (2050) e si pensa alla rinascita con la consapevolezza di dover lasciare una parte di sé per andare incontro ad un nuovo futuro (Cattivo). Il disco si chiude con la title track “L’ultima casa accogliente”, che con le sue atmosfere futuriste ci conduce verso un lunghissimo finale strumentale.

“L’ultima casa accogliente” è un viaggio spazio-temporale che ci racconta spaccati di vita, angoli di mondo nel quale ci riconosciamo, ci aiuta a trovare le parole che avevamo perso, ad usarle e infine a dimenticarle.

Recensione a cura di Egle Taccia

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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