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No New – Paolo Cattaneo, tra musica e trasformazione

 

Ci sono artisti che, anche solo attraverso un’intervista, riescono a far percepire la bellezza e la profondità della loro musica e insieme ad essa tutto l’amore, grato e meticoloso, nei confronti di quello che fanno. Paolo Cattaneo è indubbiamente uno di questi: Una piccola tregua, il suo quarto album, è un disco delicato e meraviglioso. Ascoltare Paolo mentre lo racconta è ancora più bello.
Regalatevi cinque minuti per leggere quest’intervista e, vi raccomando di arrivare fino in fondo, perché c’è una sorpresa.

di Eleonora Montesanti

Paolo, Una piccola tregua è il tuo quarto album, uscito dopo tre anni rispetto al lavoro precedente. C’è stato un momento preciso in cui hai capito che eri pronto per un nuovo disco?
Una Piccola Tregua è un album nato per essere vissuto nel suo viaggio creativo. Non avevo infatti idea che le canzoni sarebbero potute diventare un progetto discografico. Ero interessato a vivere l’esperienza della “composizione” lasciandomi trasportare dalla musica e dalle parole che mi hanno permesso di vivere viaggi insieme ad amici e artisti. Il risultato è stato inaspettato, quindi direi che l’ho capito solo quando il disco era già stato prodotto. Quasi senza accorgermi.

Una piccola tregua è la ricerca di un rifugio – reale o immaginato – per proteggersi per qualche momento dall’apnea quotidiana. Cosa rappresenta per te?
Rappresenta la necessità di cercare, anche nella quotidianità, un’oasi di pace. Senza mai disinnamorarsi e con la voglia di trovarla ovunque sia possibile.

La musica, invece, riesce ad avere il ruolo ambivalente di professione e rifugio?
La musica non è solamente un rifugio, ma la formula magica per trasformare la vita di ogni giorno in un luogo meraviglioso. Senza bisogno di nascondersi.

I brani che compongono l’album sono spesso intrisi di poesia e spiritualità. Quali sono state le fonti d’ispirazione che ti hanno accompagnato durante la fase creativa del disco?
La poetessa Luciana Landolfi è stata la mia più importante ispiratrice, alcune poesie della sua raccolta “La memoria degli specchi” sono state illuminanti per molte canzoni.
Devo dire che sono stati anche anni durante i quali ho viaggiato molto ed ho approfondito con passione l’arte e la musica che incontravo durante questo cammino. Lasciandomi contaminare in modo naturale.

Trovo che la tua musica abbia un forte potere evocativo che riesce a stimolare non soltanto l’udito, ma anche altri sensi, come la vista. A tal proposito, per la promozione di Una piccola tregua, hai usato molto lo strumento video. Quanto è importante, per te, il legame tra musica e immagine?
È un legame importantissimo. Un album che è fatto solo di suoni rappresenta comunque un momento della vita che in realtà è stato vissuto anche con gli occhi. Molti brani di questo disco sono infatti diventati immagine, senza pensarli come videoclip ma come trasformazioni da suono a racconto visivo. Danza, teatro e performance.

Uno dei pezzi che più mi sono piaciuti è Bandiera, la triste vicenda di una persona che, con la sua perenne allegria, firma un’oscura condanna a salvare gli altri. Non avevo mai considerato l’allegria una sorta di prigione. Qual è la storia di questa canzone?
Bandiera racconta di una prigionia triste e misteriosa che è quella dell’allegria. Un idillio forzato imposto da dentro, da obblighi cui non si riesce a sottrarsi, da una oscura condanna a salvare gli altri in cui il protagonista sprofonda se qualcuno non lo comprende e non lo salva.

Il tuo primo disco risale al 1995, più di vent’anni fa. Come è cambiato il mondo della musica dal tuo punto di vista?
Non è cambiato solo il mondo della musica, mi sono naturalmente trasformato anch’io in modo profondo. Per essere oggettivi bisognerebbe avere la stessa mentalità di vent’anni fa per capire cosa è realmente mutato oggi. Preferisco muovermi parallelamente al cambiamento per riuscire a vederlo con distacco.

Nel 2004, invece, nella creazione dell’ep Nero, hai collaborato con Hugo Race, chitarrista di Nick Cave. Come è stata quell’esperienza?
Si tratta della mia prima esperienza con un produttore “esterno”, qualcuno che decidesse insieme a me la direzione sonora delle canzoni. Oggi sono sicuramente più aperto e abituato a queste contaminazioni. È stata un’esperienza meravigliosa e difficile che mi ha fatto crescere molto.

Nel panorama musicale italiano attuale c’è qualche artista che ti piace particolarmente?
Fortunatamente molti.

Quali sono, invece, i tre dischi più importanti della tua vita?
Phenomena dei Goblin, Ok Computer dei Radiohead e Mezzanine dei Massive Attack.

Cosa c’è nel tuo futuro più immediato?
Sto lavorando alla preparazione del tour di febbraio/marzo. Vorrei pensare a queste esibizioni come a performance che si trasformano adeguandosi ai luoghi e che rivedono il rapporto fra musicista e ascoltatore. La prima data del tour il 18 febbraio al Teatro Centro Lucia di Botticino (BS) sarà infatti uno spettacolo in cui, grazie a un gioco scenografico, la platea sparirà e il palco sarà invaso dal pubblico, diventando un salotto artistico illuminato da candele e luci soffuse. Condivideremo il palco con gli spettatori: chi seduto su una vecchia sedia, chi su un divano, chi a gambe incrociate sopra un tappeto; ciascuno in uno stato di attenzione e vicinanza che diverrà un momento di forte suggestione.
La chiusura del tour sarà invece a casaBASE Milano dove le canzoni verranno eseguite dai musicisti dislocati in diverse stanze, tutte collegate da un corridoio, e sarà l’ascoltatore a decidere come sentire i brani spostandosi negli spazi di casaBASE e scegliendo in questo modo se fruire la traccia sonora nel complesso o solo in alcune sue linee di sviluppo, solo alcuni strumenti.

 

Written By

Nasce nel 1988 e rinasce il giorno in cui si imbatte, per caso, in un concerto degli Afterhours. Ci mette poco a capire che la musica è la sua vita: dopo la laurea in lingue e letterature straniere, Eleonora inizia a scrivere di musica per gioco e, da allora, sono passati 5 anni. L'altra sua passione, infinita e vitale, sono i cani.

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