[Prima di iniziare a scrivere questo report, devo fare un annuncio: Calcutta, a me, piace da impazzire. Mi piaceva già nel 2012, quando lo conobbi per caso in una delle serate organizzate al Sottoscala9, storico Circolo Arci di Latina, uno dei pochissimi live club della città. Era una serata a cui mi avevano trascinato delle amiche che avevano fatto le superiori (finite da qualche anno) con lui; ad un certo punto Calcutta si è messo a suonare sdraiato a terra con la chitarra scordatissima. Ha suonato Pomezia e per me è iniziata una folgorazione che dura tutt’ora. Tanto da farmi dire, alla fine di quella serata, “Tra qualche anno lo andiamo a sentire al Francioni e sarà bellissimo“. Le amiche, allora, mi hanno fatto grandi pernacchie; io ho aspettato sei anni per poter dire a tutte loro, e a tutti gli altri che negli anni mi prendevano per matta quando dicevo che Calcutta era fortissimo, “Io ve l’avevo detto!”]
Bisogna andare indietro con la memoria ad 11 anni fa per trovare gli ultimi concerti svolti al Francioni: l’estate 2007 lo stadio latinense ha ospitato Vasco prima e Tiziano Ferro poi. Dopo più nulla. A parte l’AS Roma ultimamente, ma quella è un’altra storia.
Non che a Latina non ci siano club che sostengono e promuovono la musica dal vivo ma i grandi eventi, i grandi concerti in cui le persone si contano a migliaia, scarseggiano. È stato Calcutta a invertire l’ago della bilancia, radunando al Francioni più di 15mila persone tra cui fan, curiosi, hater, famigliole, una neo mamma con una figlia piccolissima nella fascia con le cuffie antirumore, telecamere delle reti nazionali… Tutti per il nuovo bomber del pop italiano.
21 Luglio 2018, segnatelo sul calendario.
Ma andiamo con ordine.
Le pratiche di parcheggio-ritiro accrediti-controlli di sicurezza-entrata allo stadio-sosta al banchetto del merch si sono svolte mentre sul palco c’era Mèsa, la prima artista a suonare, e l’entrata al Francioni è avvenuta durante il primo intermezzo; poi è stata la volta di Francesco De Leo, già voce de L’officina della Camomilla, che ha portato sul palco dello stadio alcuni brani del suo nuovo album da solista, La Malanoche, e Un fiore per coltello e La tua ragazza non ascolta i Beat Happening, due tra i maggiori successi de L’officina della Camomilla. Il terzo artista a suonare prima di Calcutta è stato Frah Quintale, una coppia di ragazzi accanto a me ha fatto una story su Instagram con le facce dubbiose e la scritta “Frah Quintale???”. Sì, Frah Quintale: uno tra gli artisti più promettenti del momento. Su Missili è salito sul palco anche Giorgio Poi, che ha suonato, inoltre, la chitarra durante il concerto di Calcutta.
E poi è arrivato Calcutta. I fari dello stadio si sono spenti, il cuoricino rosso che fino ad allora aveva campeggiato sullo schermo del palco si è trasformato nel disegno di Calcutta, giacca rossa e cappellino blu, sotto cui si è accesa una barra di caricamento; quando la barra è arrivata al 100% hanno attaccato con Briciole e Calcutta non ha mai smesso di suonare; per 90 minuti filati si è lasciato andare giusto a poche frasi, poche parole quasi.
Il concerto di Calcutta, l’evento dell’estate di Latina, ha tutto quello che è necessario per portare a casa un ottimo risultato nel campionato dei “big”: grafiche squisitamente pop perfettamente abbinate ai testi e all’atmosfera del concerto, una band tecnicamente molto brava, quattro coriste “conosciute in uno chalet in montagna” sulle cui t-shirt si formava la scritta “coro”, light design scenograficamente pazzesco, un pubblico calorosissimo accorso a Latina da tutta Italia per urlare dall’inizio alla fine del concerto e un Calcutta molto bravo nel cantare ma sempre con quell’aria genuinamente meravigliata del grande successo raggiunto.
Scenograficamente poteva sembrare un concerto di Jovanotti, però senza coriandoli.
La scaletta ha alternato i brani degli ultimi due album e alcuni più datati –Cane, Fari, Amarena e Arbre Magique-, tutti riarrangiati magistralmente e cantati dal pubblico per intero. Speravo di cogliere qualche incertezza e qualche silenzio in più, da parte del pubblico, nei brani più vecchi; per quel gusto un po’ paraculo di dire “Vi piace solo perché ha fatto successo ma non conoscete i brani prima di Mainstream” e invece no, la maggior parte del pubblico conosceva tutti i brani. Bravo pubblico!
A proposito di scaletta, grande, grandissima assente Pomezia, un’assenza che mi lascia quell’amaro in bocca come un assist ben piazzato che non si trasforma in gol.
Oltre a Giorgio Poi, di cui si è già detto, durante il concerto sono saliti sul palco Cisco, l’ex bassista di Calcutta, già bassista dei Vanilla Sky che ha suonato Albero, e Tommaso Paradiso, ospite su Oroscopo.
Il momento musicalmente più alto del concerto è stato l’assolo di xilofono elettrico su Limonata, che ha dato al brano una dimensione diversa, da brividi; il momento goliardia è stato sicuramente Frosinone cantata con la sciarpa del Latina Calcio al collo, che ha portato sul palco l’antica faida Latina-Frosinone: “Leggo il giornale c’è Papa Francesco e chi non salta è giallo-blu” e dito medio sul secondo ritornello; il momento “once in a life” (per Calcutta, ovviamente), invece, è tutto il Francioni che urla “Ciao nonna!” per salutare la nonna di Calcutta “che sicuramente sta guardando la televisione adesso“.
Questo concerto ha sancito, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la consacrazione di Calcutta al mondo mainstream, che no, non è una cosa negativa. E dimostra come, anche Latina, possa regalare gioie (ogni tanto)!
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Di seguito la scaletta del concerto:
Briciole
Kiwi
Orgasmo
Cane
Fari
Milano
Limonata
Paracetamolo
Rai
Saliva
Amarena
Nuda nudissima
Cosa mi manchi a fare
Oroscopo
Del verde
Albero
Abre Magique
Hubner
Le barche
Gaetano
Frosinone
Pesto