Dario Greco è giovane ma ha già le idee chiare.
Non a caso ha scelto una location suburbana come il monumento ai caduti di Catania per presentare il video clip del suo singolo, Marte, girato tra lo stesso monumento e la casa di Dario.
È molto legato alla sua terra e sceglie una platea interamente catanese, oltre che uno spazio simbolico, per condividere la nascita di ogni singola traccia che compone il suo primo album da solista.
Resta seduto in tribuna fino a qualche istante prima dell’esibizione, insieme ai suoi compagni di viaggio, Francesco Bonaccorso (tastiere), Antonio Quinci (arrangiamenti, batteria, percussioni), Enrico Cassia (chitarre, assente ma comunque percepibile) che condividono con lui l’avventura di un nuovo lavoro, interamente composto e registrato a Catania.
Il videoclip è semplice, fresco, ironico, esattamente come il pezzo, Marte, che con il suo ritornello a base di “Millenial Whoop” entra prepotentemente in testa per non uscire più (non c’è vergogna ad ammetterlo).
Subito dopo, il gruppo, Dario Greco, voce e chitarra, Francesco Bonaccorso, basso, Antonio Quinci, cajòn, esegue una sognante versione unplugged di Libero.
Marte e Libero, primi due singoli estratto dall’album “Libero”, in uscita entro la fine dell’anno, hanno un groove non tipico della tradizione italiana, probabilmente per colpa (o per merito) dei trascorsi artistici del cantautore catanese (lo splendore retrò del doo-wop con The Accappella Swingers) e della presenza di Antonio Quinci (percussioni) e Enrico Cassia (chitarra), padri del progetto Soni Sfardati, capaci di dar vita a suoni “belli e marini, partiture da amanuensi e ricami barocchi su tarantelle dalle trame irriconoscibili”.
Insomma, la qualità c’è e si sente.
Il nuovo progetto di Dario, una band social, tiene a precisare il cantautore, ha esattamente quello che manca al pop italiano: l’ironia, i testi diretti, i ritmi ballabili, gli arrangiamenti e le sonorità dotate di una piacevole arguzia.
Noi ce ne siamo accorti, speriamo lo faccia anche una buona fetta di pubblico.
Report a cura di Lejla Cassia