Anno 2015: i Titus Andronicus, complesso americano che aderisce totalmente alla filosofia DIY, pubblica l’album monstre The Most Lamentable Tragedy. Venticinque brani per novantadue minuti e mezzo di musica che compongono un intricato concept album diviso in atti come un’opera teatrale. Questo dramma musicale è volto a mettere in scena (musica) le avventure di un eroe che metaforizzano il disturbo bipolare. Il disco è un’altra conferma dell’alta intertestualità tra la loro musica e il teatro. Già il nome della band è un omaggio ad un dramma storico di William Shakespeare.
TMLT rappresenta la sintesi artistica della band del New Jersey. Il filo conduttore tra le canzoni è sempre l’energia e l’irriverenza tipica di band punk e folk come Replacements e Pogues; il liricismo e l’ambizione tradiscono una certa passione per i gruppi indie storici come Neutral Milk Hotel, ma sono anche una dichiarazione d’intenti simile per certi versi a gruppi contemporanei (vedere alla voce Fucked Up). Il loro sound è indubbiamente guitar-driven: le sei-corde ruggenti sono un loro marchio di fabbrica, sebbene già in TMLT risultino più morbide e levigate rispetto agli esordi saturati.
Detto ciò, prendete The Most Lamentable Tragedy, ascoltatelo e… accantonatelo. La loro nuova fatica A Productive Cough, uscita ad inizio marzo 2018 tramite Merge Records, si discosta in maniera decisa da tutto ciò che i nostri hanno prodotto negli anni passati. Audacemente, i Titus Andronicus hanno agito mettendo fortemente in discussione il loro stesso genere e alienandosi dalle logiche di mercato (e forse da quelle dei loro stessi fan). Il minutaggio, se comparato a quello di TMLM, è dimezzato e il sound poggia su dei principi (quasi) antitetici rispetto al passato. Molte meno chitarre distorte, più incursioni pianistiche, fiati ed archi; molto meno punk, molto più rock classico e country. Molto più Bob Dylan, omaggiato in questo LP con la cover del celeberrimo brano (I’m) Like a Rolling Stone, molti meno Replacements. La straboccante energia punk a cui gli ascoltatori dei Titus Andronicus sono abituati lascia spazio ad una carica vintage che risulta meno arrembante, ma più adulta.
La opener del disco Number One (in New York) è una dichiarazione di intenti ben precisa: si tratta di un unico crescendo, senza risoluzione, dove a fare da protagonisti sono un ostinato pianoforte ossessivo e il flusso di coscienza di Patrick Stickles. Gli arrembaggi degli strumenti a corde sono un lontano ricordo, così come la crudezza tipica del punk. Real Talk prosegue su questa direttiva di allontanamento e rinnovamento: l’andamento swingato fa da ossatura ad un tripudio di fiati, ritornelli corali, e ammiccamenti a classic rock e country. Crass Tattoo è una ballad dove si respira a pieni polmoni un’atmosfera seventies: archi, pianoforte, chitarra e voce femminile tessono una trama dal sapore agrodolce. Anche il brano più chitarristico del lotto, la penultima traccia Home Alone, è giocato su un riff che condivide pochissimo il retroterra culturale dei loro dischi passati. Mass Transit Madness (Goin’ Loco) chiude i giochi con coerenza. È un’ulteriore ballad ad ampio respiro sostenuta da un lavoro percussivo ridotto all’osso e dal timbro sporco di Stickles.
Il coraggio dei Titus Andronicus è invidiabile ed alcuni episodi del disco lasciano il segno (in modo particolare la prima traccia). Tuttavia, la perdita della componente punk si sente abbondantemente e più parti di A Productive Cough sono sottotono. In conclusione, si può lodare l’integrità artistica della band, che prosegue imperterrita in un lavoro di ricerca non lasciandosi scalfire da condizioni esterne; nonostante ciò, il risultato di A Productive Cough, non è pienamente soddisfacente.