Tornano i Modena City Ramblers dopo quattro anni di assenza dal mercato discografico, fatta eccezione per la pubblicazione di Tracce Clandestine, uscito nel 2015 e composto interamente da cover (compare una sola traccia inedita, The trumpets of Jericho) . Il 10 Marzo scorso è uscito infatti Mani Come rami, ai piedi radici (MCRecords/Believe) diciottesima pubblicazione della band emiliana e quinto album con la formazione attuale, la più longeva in ventisei anni di carriera.
L’album, per farla breve, è un vero e proprio capolavoro.
Oggi, dare alle stampe un album con 13 tracce è un’impresa coraggiosa, una vera e propria scommessa col mercato. I fruitori di musica sono molto meno esigenti di un tempo, ma anche meno attenti e si annoiano facilmente. Il discorso però non vale certo per i Modena City Ramblers. Questo album ti rapisce e ti tiene incollato al divano, sedia, ovunque sia, e si fa ascoltare fino alla fine. Già la traccia Volare Controvento, il primo singolo estratto, lasciava presagire qualcosa.
Non è assolutamente un disco alla Modena City Ramblers degli ultimi anni. Non c’è, infatti, alcun riferimento a contesti, storie e avvenimenti legati all’attualità. Restano comunque quelle atmosfere care alla band, di parole e poesia (Angelo del mattino ne è un esempio), di sperimentazione, di ricercatezza di suoni, che lasciano trasparire quella grande voglia di suonare e comporre che ancora, dopo anni di carriera sulle spalle, è presente in ognuno dei componenti.
Si lasciano per un attimo le sonorità a cui ci avevano abituato, quelle tipiche irlandesi, fatte di danze, storie, suoni e strumenti tradizionali, a favore di suoni più vicini all’Est Europa, più balcanici, più appartenenti alla “world music” direi. Sono un esempio El senor T-rex, Welcome to Tirana (la mia preferita) e Ragas pin de stras, anche se il D’Aniello e il Moneti trovano sempre il modo di inserire un suono di richiamo irlandese. Anche il buon Davide “Dudu” Morandi ha dato il suo contributo al “richiamo”, e non nel modo in cui tutti ci aspettiamo. È responsabile della grafica della copertina, omaggio a una tra le band più conosciute d’Irlanda, gli U2 e al loro capolavoro “The Joshua Tree” di cui ricorrono i venticinque anni dalla pubblicazione.
Esplorano nuovi mondi, nuovi linguaggi sonori, e la cosa gli riesce benissimo e a vedere la massiccia presenza di pubblico ai loro concerti è anche parecchio apprezzata.
Ghost Town, traccia che vede la collaborazione degli americani Calexico, impreziosisce questo lavoro.
Lunga vita, dunque, ai Modena e … buon ascolto.