“Le ultime dal suolo in alta fedeltà” è il nuovo album di Paolo Gerson, che segna anche il suo esordio solista, dopo la militanza per anni nella band punk rock dei Gerson. Composto da nove tracce registrate nell’intimità della periferia milanese, questo lavoro ha l’ambizione di raccontare la vita esattamente com’è, offrendo un punto di vista disincantato sulla realtà, senza l’intenzione di illudere l’ascoltatore.
Le sonorità si muovono all’interno dell’alt rock, condito da una vena cantautoriale e da sprazzi di folk, che condiscono suoni prevalentemente ruvidi.
Dopo una partenza non troppo brillante con “Mai e anche sempre”, possiamo apprezzare “Colpa degli altri” un brano che racconta con ironia tutta la crisi delle giovani generazioni, che appunto, per poter realizzare i propri sogni, devono evitare di prendersi la colpa degli altri. L’album continua a crescere con “Domicilio confuso” di cui apprezziamo molto le chitarre, che ci riportano all’epoca aurea del rock. Il silenzio è d’oro nel brano “Silenzio per favore”, che suona come un pezzo rivoluzionario nell’epoca in cui tutti quotidianamente si affannano a dire la propria opinione su qualsiasi argomento: “Se stai zitto ti credo” è il manifesto di rottura dei rivoluzionari di oggi.
Altro brano che abbiamo apprezzato è “Con tutta una morte davanti”, con le sue sfumature punk è una traccia da ballare e cantare, una delle più belle e trascinanti dell’album.
Arriva anche il momento di guardarsi dentro con un brano introspettivo e, volendo, molto critico, una ballata struggente dal titolo “Zero Onde”.
“La conta dei danni” è un pezzo carico di rabbia, urlata tutta d’un fiato, in una specie di bilancio in lettera.
L’album si chiude con l’intensità di “Tartarughe e farfalle”. Parte con atmosfere urban e rarefatte, che vengono presto spezzate dall’ingresso della batteria. Un brano introspettivo che vede la domenica, il Natale, come momenti per fuggire via da una vita che ha preso una piega diversa rispetto a quella che immaginavamo.
“Le ultime dal suolo in alta fedeltà” è un album che ci consegna le confessioni di un rocker consumato dalla quotidianità che, nonostante tutto, non ha perso l’entusiasmo per la vita e per la musica.
Recensione a cura di Egle Taccia