Terra è l’ultima fatica di Vasco Brondi, cantautore ferrarese alias Le luci della centrale elettrica. Prodotto insieme a Federico Dragogna, chitarrista de I Ministri, e pubblicato lo scorso 3 Marzo scorso da Cara Catastrofe casa discografica dello stesso Brondi. Il nuovo disco è uscito esattamente due anni dopo il discusso Costellazioni, album che si discostava da ciò che i fan de Le luci si aspettavano ed erano abituati ad amare. A dirla tutta anche questo nuovo album ha già fatto storcere il naso a molti, in genere i più ortodossi seguaci, che non hanno apprezzato neanche la collaborazione dell’emiliano con Lorenzo Jovanotti nel 2015 con L’estate addosso, canzone che fece da colonna sonora all’omonimo film di Gabriele Muccino e fu candidata ai David di Donatello come miglior canzone originale.
Terra andrebbe però considerato come un’evoluzione, una crescita del progetto e non come una perdita di identità. E’ vero, Brondi ha in parte perso la strada del post punk e dello spoken word tentando, non proprio benissimo, di articolare la propria voce come uno strumento, abbandonando il semplice parlato, mostrando doti canore non proprio eccelse, ma andrebbe sempre apprezzato lo sforzo di chi si innova, muta, cambia e cresce. Al ferrarese rimane il trait d’union del racconto, quello della sua generazione, che ha sempre saputo fare egregiamente, al quale accosta in Terra i ritmi balcanici e africani trasformando il tutto in un folk cosmopolita, raccontando quindi d’Italia ma anche di Mondo. La Terra diviene quindi luogo di nascita, ma anche elemento e mezzo di legame, fisica entità da vivere, coltivare, imparare a conoscere anche viaggiando.
Il cinico, acido e sempre realista Brondi si riscalda e addolcisce dei ritmi etnici di altre terre appunto, il tutto emblematicamente rappresentato dalla foto di copertina del fotografo Gianfranco Gorgoni, che ritrae delle rocce impilate e colorate nel deserto del Nevada, opera del land artist Ugo Rondinone; la roccia che dura e fredda si arricchisce del colore che spicca e contrasta anche la desolazione del deserto.
Si mescolano dunque racconti nostrani ed esteri, ma sempre visti con i nostri occhi, quelli della generazione zero. Con Profondo Veneto, in cui racconta di una persona che torna sconfitta a casa dei propri genitori dopo un’esperienza fuori dal nucleo familiare, o con Coprifuoco, ispirata a un viaggio che lo stesso cantautore ha fatto molti anni fa a Mostar subito dopo il conflitto jugoslavo. Degna d’attenzione è anche A forma di fulmine, incipit del disco in cui il ferrarese Brondi non rinuncia a raccontarci l’amore e le sue complicate sfaccettature.
Non il miglior disco de Le luci della centrale elettrica, ma sicuramente un punto di svolta, una possibile crescita, che amplia gli orizzonti e le future possibilità.
Romagna – Terra / Terra – Romagna
Un viaggio andata e ritorno.
Francesca Romana Piccioni