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“ROOKERY” – Giant Rooks [Recensione]

Il 28 agosto è stato pubblicato “ROOKERY”, l’album d’esordio dei Giant Rooks, giovane formazione tedesca, già ampiamente nota per i suoi EP e le apparizioni sui palchi più prestigiosi d’Europa.

Presentato con un concerto in diretta streaming il 28 agosto dal Tempodrom di Berlino, l’album ha in sè tutte le caratteristiche che ci hanno fatto innamorare della band, ovvero la maestria nel viaggiare tra passato e futuro e la forte determinazione nell’oltrepassare ogni limite dettato da etichette e generi musicali. La formazione non ha paura di addentrarsi nel pop, nel rock, nell’elettronica, nel folk, nella house e nel funky, né di spingersi oltre facendo sapientemente comparire l’autotune su pezzi lenti e utilizzandolo in modo tanto inaspettato quanto insolito.

Se proprio volessimo fare degli accostamenti, potremmo dire che la band ha un sound che si muove tra gli Editors, i Kraftwerk ed i Coldplay, capace di catapultarci in viaggi immaginifici tra i paesaggi del Nord Europa.

“Rookery” si apre con la visionaria “The Birth of Words”, brano che si adagia su un tappeto di pianoforte, per poi trasformarsi in un pop oscuro ed elettronico. Subito dopo arriva uno dei pezzi più catchy dell’album, “Watershed”, che mette in luce la forte personalità artistica della band e il suo sound ben definito, capace di muoversi tra elettronica e pop. “Heat Up” è un inno alla notte che non sfigurerebbe in un album di The Weeknd. In “Very Soon You’ll See” arriva il momento di cambiare le carte in tavola, anche musicalmente. Il brano, infatti, si adagia su ritmi un po’ afro, aprendosi poi sorprendentemente in un ritornello tutto da cantare. Una cascata di note di pianoforte apre “Rainfalls”, brano che tiene col fiato sospeso e che racconta di tutte quelle volte in cui ci imbamboliamo guardando la pioggia cadere. È proprio su queste note che potremmo rintracciare la sintesi perfetta del mondo musicale della formazione. C’è il piano, la cassa, i sintetizzatori, e tutti gli strumenti giocano insieme per creare l’effetto della pioggia che cade e lava via i nostri pensieri. Altro brano da segnalare è “All I Know Is All Quicksand”, pezzo in cui tutte le certezze crollano dietro lo schermo di un telefono sul quale scorre il sangue di chi ha perso la libertà per il divertimento altrui, il prezzo del successo che travolge le vite degli artisti, rinchiudendole in una gabbia dorata, dove l’unica compagna è una solitudine dalla quale alla fine, forse, si riuscirà a fuggire. “Wild Stare” ci ricorda tutte le volte che avremmo dovuto dire di no, in un pezzo dove il ritmo è dettato dal pianoforte. “Head by Head” è una delle hit di questo album, un giro di chitarra, qualche colpo di cassa e inizia la festa. Sfido chiunque a rimanere fermo su questo brano. Il disco si chiude con la dolcezza di “Into Your Arms”, brano in cui synth e piano si incontrano, la voce incrocia l’autotune, creando un sound dove passato e presente si congiungono in un lunghissimo abbraccio.

Possiamo scommetterci, “ROOKERY” è il primo tassello di una lunga carriera che porterà questi ragazzi di Hamm sempre più in alto.

Recensione a cura di Egle Taccia

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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