Filippo Marcheggiani, oltre ad essere il chitarrista del Banco del Mutuo Soccorso da ventidue anni, è principale motore del progetto Effemme. Il gruppo mescola sapientemente un sound post-grunge molto diretto con vene prog e cantautorali. Filippo ha gentilmente concesso un’intervista dove racconta dei curiosi retroscena sul secondo lavoro del gruppo (Oggi mi voglio bene) e ci spiega il suo modo di intendere la musica.
Puoi rivelarci qualcosa su come è stato registrato il disco? Il processo creativo, quanto ci avete impiegato e altre curiosità?
Ti devo dire la verità?
Il disco è stato registrato interamente in digitale e mixato “InBox”, ma partendo da riprese di assoluta qualità: a cominciare dalle batterie registrate da Mauro (Munzi) e Riccardo (Marinelli) nello studio di Riccardo, specializzato nelle batterie, passando per chitarre e bassi registrati nel mio studio, i pianoforti di Emiliano (Branda) e gli archi “veri” dei Layerbows, per finire con le voci riprese ai mitici Forward Studios. Per i mix abbiamo lavorato con UAD, il top del digitale.
Tutti comunque ci dicono che il disco suona molto live, anche se in realtà non ci è stato possibile farlo, più per motivi di tempo che di budget.
Se questa però è la sensazione che arriva all’ascoltatore, direi che possiamo essere molto soddisfatti del fatto che la tecnica di registrazione in Overdubing (cioè sovrapponendo le tracce) non ha snaturato un disco molto rock, che quindi è molto live oriented.
La cosa peggiore è che così i tempi si sono allungati parecchio: per fare un disco così in presa diretta ti chiudi un mese in studio e poi non ci pensi più; nel nostro caso le disponibilità intermittenti hanno allungato il tempo di realizzazione (circa un anno), ma ci hanno permesso di limare qualcosa qua e là man mano che andavamo avanti.
Questo però senza perdere spontaneità!
Sei il chitarrista del Banco da ormai quasi vent’anni. La tua esperienza con loro ha influenzato il tuo modo di comporre? Se sì, in quale modo e verso quale direzione?
Ormai sono 22 anni (il 4 novembre) che faccio parte in pianta stabile del Banco: la loro musica è sempre stata fonte d’ispirazione, così come la loro storia la mia spinta a credere in me stesso. Ma non avrei mai immaginato di farne parte!
Nel Banco ho imparato soprattutto il valore della “struttura” del brano: avere tre elementi, strofa, bridge, ritornello, di grande efficacia non farà la tua una grande canzone.
Saperli concatenare e ripetere nel modo giusto, quello è il segreto!
Oltre a queste “strategie”, la Musica del Banco mi ha indirizzato verso un concetto tanto semplice quanto potentissimo: anche la cosa più banale musicalmente, così come la più complessa, se hanno il PATHOS giusto.
Oltre a loro e ai tuoi progetti, ci sono artisti presenti o passati che ti ispirano nella stesura dei pezzi?
Ci sono dei veri e propri pilastri nel mio mondo musicale, ai quali mi ispiro anche involontariamente. Magari scrivo un brano, un riff di chitarra, o canticchio una melodia e poi mi rendo conto che somiglia pesantemente a qualcosa di già scritto, e molto meglio, da qualcun altro. Il riff iniziale di Buonanotte, ad esempio, mi piaceva “stranamente” troppo sin dall’inizio: per cui i primi mesi che lo suonavamo avevo il terrore che prima o poi sarebbe saltato fuori qualche “clone” dal mio background del già sentito. Per fortuna non è successo, almeno per ora!
Il progetto Effemme è molto vicino, dal punto di vista sonoro, a tutto il rock post-grunge americano, vedi Foo Fighters e Queens Of The Stone Age. Poi c’è una vena prog, inevitabile per me. Il songwriting forse è la cosa più italiana, e non per la lingua: si dà ampio spazio al testo, anche se LIVE i brani sono più suonati e corposi.
Se dovessi individuare la massima fonte d’ ispirazione in Italia, non ho dubbi: Afterhours.
Buonanotte è stato composto assieme al compianto Francesco di Giacomo. Com’è nato il brano e com’è stato comporre con lui?
Buonanotte è stato il vero e proprio “episodio pilota” di tutto l’album: l’ho abbozzato mentre stavamo ancora registrando il primo disco, nel 2011.
Poi ho sottoposto il testo, come facevo sempre, a Francesco.
Lui, come sempre, ci è entrato in punta di piedi e per prima cosa si è preoccupato di capirne il significato secondo il mio punto di vista.
Voleva che raccontassi la mia storia con le mie parole, lui era una sorta di demiurgo.
Lavorare con lui era sempre un’occasione per scavarmi dentro, e ne uscivano cose meravigliose.
Ci puoi raccontare qualcosa di più sulle tematiche dei testi?
OMVB è una sorta di concept: si sviluppa tutto sul tema della duplicità, di una doppia anima che spesso coesiste in ognuno di noi. Un concetto molto caro al mondo dei supereroi Marvel: in realtà l’ispirazione maggiore l’ho tratta da “Fight Club”.
È una sorta di rivoluzione interiore, di presa di coscienza, che fa liberare il nostro io più vero, anche se politicamente scorretto.
Questo è il tema del testo di “Buonanotte (Sogna la mia morte)” che poi si sviluppa in 10 brani, tra il malessere di non sentirsi veramente rappresentato dalla società (Vi Faccio Parlare), alla voglia di distruggere in modo catartico la realtà che ci circonda, la “Roma” stuprata e vilipesa di “Solo Cenere”, al paradosso della guerra, il più anacronistico scempio dell’uomo, che nasce dall’incapacità di mettersi “Dall’altra parte”; Fino all’amore: quello perso (7 luglio), immaginario (Marla; Eden) e infine ritrovato (In cammino).
Hai qualche progetto parallelo o live in cantiere?
Live, live, live: da fine gennaio (il 28 all’Alvarado street) a Roma ripartiamo con i concerti di EFFEMME in formazione elettrica con, oltre al sottoscritto, Andea Sampnà al basso, Dario Esposito alla batteria, Francesco Conte alla chitarra. Faremo tappa in centro Italia e, forse, anche al nord.
Poi ripartirà anche il tour con il Banco 2.0.
D’altronde in questo periodo storico la verità della musica, il vero contatto col pubblico, lo si stabilisce solo attraverso il palco.
È solo lì che il muscista può rendersi conto se sta dando qualcosa di importante agli altri.