Musica immaginifica quella di Luca D’Alberto, compositore e polistrumentista che esordisce per la 7K!, label dedicata alla musica neoclassica, con “Endless”, album che manifesta sin da subito una deriva cinematografica, al punto da catturare le attenzioni di Wim Wenders e Lars Von Trier. A riprova di ciò, nel 2015 D’Alberto ha realizzato la sonorizzazione per una installazione video articolata in quindici stanze, collocata all’interno del Museo Ebraico di Berlino, dal titolo “Obedience”, ispirata all’episodio biblico di Abramo ed al sacrificio del figlio Isacco, e diretta da Peter Greenaway e Saskia Boddeke.
C’è senza dubbio un filo sottile che lega la musica di Erik Satie a tutto quel filone di minimalismo che da Philip Glass ed Arvo Pärt arriva sino a Michael Nyman, passando per artisti come Nils Frahm ed il nostro Giovanni Sollima, ovvero tutta quella generazione di musicisti che, pur dotati di una formazione classica, perseguono la via della sperimentazione come fine ultimo dell’arte. In questo senso D’Alberto si inscrive proprio tra le fila di quegli artisti che possiedono una propria visione della musica come semiotica delle inquietudini, tanto le nove composizioni dell’album sembrano cariche di pioggia, di umori primigeni ed echi di voci lontanissime.
Nell’album D’Alberto suona tutti gli strumenti (viola, violino, violoncello, viola elettrica e piano) e la resa dei brani, grazie all’accurata produzione di Martyn Heyne (The National) e Henrik Schwarz, restituisce il pathos ed il respiro degli strumenti che si innervano su inserti di elettronica diafana. Come nel dipinto L’isola dei morti di Arnold Bocklin, la musica di “Endless” descrive una sorta di transizione emotiva da una dimensione terrena ad un’altra in cui regna una sospensione temporale.
Lo struggimento dell’iniziale Wait for Me ricorda il tocco cameristico di Michael Nyman, allo stesso modo di Yellow Moon, mentre in Blessed Messenger si ritrova l’attitudine ambientale del Nils Frahm di “Solo”. Nella toccante Endless, uno dei momenti centrali dell’album, i suoni in reverse rappresentano una membrana che contiene e avvolge in una spirale luminescente il nucleo costituito dal movimento struggente degli archi. Se Start Again ha un rigore classico quasi vivaldiano nel suo sviluppo sinfonico, My Way ricorda lo spleen dei Rachel’s. La chiusura è affidata all’effluvio ambient di Everywhere You Are e alle note gravi di Screeming Silence che si contrappongono ad un rumore bianco mai soverchiante, come se le energie contrapposte dell’ordine e del caos confluissero nella medesima direzione.
“Endless” è un lavoro potente, dalla scrittura evocativa e dove ogni elemento è dosato nella giusta misura. Da una parte una conferma, dall’altra un punto di partenza per un artista che, siamo sicuri, in futuro non avrà paura di spingersi ancora più in avanti per giocare al rialzo.
Giuseppe Rapisarda