A partire da Bjork e dagli Sugarcubes, l’Islanda negli ultimi anni si è mostrata terreno fertile per diversi artisti dal sound unico, che assai spesso hanno raggiunto una meritata notorietà grazie ad uno stile ricercato e personale espresso nei generi più diversi, dalle avanguardie dei Sigur Rós al cantautorato folk di Emiliana Torrini.
I Fufanu, già apprezzati in Italia nel corso dello Zanne Festival del 2017, potrebbero essere l’ennesimo act di successo proveniente da questa meravigliosa isola: attivi dal 2008, questi tre ragazzi propongono un accattivante mix di techno e post punk che già ha saputo catturare importanti riscontri in UK, consentendo loro di aprire concerti per Damon Albarn e Blur, ottenere un contratto discografico con la One Little Indian Records, e infine vedere il proprio secondo LP “Sports” prodotto nientemeno che da Nick Zinner, chitarrista degli YeahYeahYeahs.
La loro proposta per il 2018 non consiste tuttavia in un full length, ma in una serie di EP concepiti come un esercizio di esplorazione delle personalità sonore del gruppo e intitolati “The Dialogue Series”. Oggetto di questa recensione è il primo volume “Dialogue I”, uscito il 29/06/2018 ed acquistabile in download digitale sui principali servizi di musica online.
Questo primo EP nasce dalla collaborazione col produttore Alap Momin (membro dei Dälek), consta di quattro interessanti tracce nelle quali il già eclettico stile dei Fufanu si contamina con suggestioni industrial ed hip hop provenienti da oltre atlantico: se la danza cadenzata e oscura dell’iniziale “My New Trigger” può far pensare al ritorno dei Cabaret Voltaire, “Listen to me” è una potenziale hit di successo pronta per far ballare i dancefloor alternativi Europei, che in parte mi ha ricordato il sound del fuoriclasse danese Trentemøller.
La terza traccia è una struggente ballad elettronica intitolata “Hourglass”, primo single della serie Dialogue: questo brano è stato composto dal cantante “Kaktus” Einarsson in memoria dei nonni scomparsi durante il tour di “Sports”, e la scelta di proporlo come single è in parte figlia del forte valore affettivo di questo pezzo.
L’EP si chiude con “Nine Twelve”, brano strumentale di elettronica minimale, oscura ma allo stesso tempo ballabile: un’ottima chiusura per questo riuscito EP, che incuriosisce nei confronti dei prossimi capitoli e fa sperare in nuove future tappe italiane del tour di questi talentuosi ragazzi.
Noi sicuramente li seguiremo con attenzione.
