Si inizia da un titolo evocativo: ‘Godspeed’ ed il nuovo album del duo milanese dei Cumino non tradisce le aspettative, dopo i due album ‘Tomorrow in the Battle Think of Me’ del 2012 e ‘Pockets’ del 2014, nonché due EP: ‘Inner Voice’ e ‘Just Melt’.
In questo nuovo lavoro strumentale di recente uscita, i Cumino proseguono il loro viaggio ma lo fanno addentrandosi nel meandri della solitudine, attraversando zone deserte e accarezzando la ‘wilderness’ tanto cara alla letteratura modernista, pur non disdegnando atmosfere romantiche quasi ottocentesche nella loro superba interpretazione. Luca Vicenzi (chitarrista e sperimentatore sonoro) e Davide Cappelletti (polistrumentista e producer di musica elettronica) hanno ‘dipinto’ questi undici nuovi pezzi come una tela, all’interno della quale l’ascoltatore può perdersi o aggiungere un percorso proprio, sondando nei meandri del subconscio. L’elettronico si sposa alle linee melodiche della chitarra ricordando atmosfere scandinave ed ambient.
Nelle loro stesse parole, una guida per questo percorso: “A questo mondo imperfetto e alle moltitudini che ci si muovono dentro, alle cose mai fatte, a quelle fatte male e a quelle realizzate, alle porte mai aperte, a quelle che si apriranno in un futuro non scritto che si fa largo ogni giorno dentro al caos mentre cerchi di fermare il fiume con le mani o mentre lo assecondi facendoti portare. Alle solitudini e all’abbandono, al bisogno di calore e di starsi addosso, al mostrarsi, al nascondersi e all’accettare.”
Il nuovo album spalanca le porte con ‘Alps’, brano dalle linee morbide e languide che da subito esalta il riuscito connubio tra acustico e sintetico. ‘Mercy’, invece, è più elettrica e richiama la nostra attenzione verso tinte più forti. La terza, ‘Drop’ è un drastico cambio di scenario per prepararci alla febbrile ‘Blazing’ ed alla più introspettiva, ‘Pink White Glaze’.
Si muove quasi in secondo piano ‘Hippocampo’, ma non è che un abbaglio minaccioso che ci trascina verso ‘Shelter’ e ‘Lips’, dalle sonorità più sinuose e spiccate. ‘Empty Pool’ racchiude già nel titolo la propria natura di quei chiaro-scuri che trovano la loro massima espressione in ‘Steps’ dalle tinte indelebili e scintillanti.
Tuttavia, questo non deve far credere di essere al cospetto di un lavoro non omogeneo; è semplicemente un album da ‘formare’ come un puzzle, dalle molteplici nuance che sarà interessante ascoltare dal vivo.
Recensione a cura di Emanuela Borgatta Dunnett