Un silenzio profondo durato ben cinque anni, interrotto da un colpo improvviso nel mezzo della notte, se intendiamo “Knocturne” come un incastro di “knock” e “nocturne”: ci piace seguire la chiave di lettura offerta dagli stessi Be Forest per esordire con questa recensione, con la quale riaccogliamo sulle scene il trio pesarese dopo un’attesa che ha dato i suoi frutti, poiché il loro terzo capitolo discografico risulta riuscito sotto ogni aspetto.
Erica, Costanza e Nicola in questo lasso di tempo hanno difatti lavorato di fino sul proprio stile: “Knocturne” da una parte si attiene strettamente ad un canovaccio ormai ben consolidato, basato sulla formula ormai usuale dei nove brani (due strumentali) caratterizzati da sonorità che riecheggiano in parte la scena new/dark wave anni ’80 – i Cure su tutti, ma sentiamo in essi anche echi dei Diaframma d’antan e dei Cocteau Twins; dall’altro lato però è la componente più moderna, quella in cui fanno proprie le melodie e la progressività dello shoegaze ‘à la Slowdive’, che rappresenta il più marcato tratto distintivo del disco che, in maniera secondo noi maggiore rispetto ai predecessori, trova una fluidità e una coerenza importante fra le nove canzoni. La particolarità che più abbiamo apprezzato in quest’opera, è l’aver constatato come i brani siano talmente ben strutturati in questo continuum di armonie da risultare godibili sia ascoltati individualmente, sia nell’intera durata dell’album, apparendo come nove distinti momenti di una suite progressive.
Fra sogno, seduzione e anche un pizzico di magia, perché non abbiamo potuto fare a meno di notare l’assonanza fra il titolo e la “Knockturn Alley” di Potteriana memoria, i Be Forest ci conducono all’interno di una dimensione completamente oscura, nella quale tuttavia siamo attirati da un vago senso di tepore e conforto: sono infatti calde e suadenti le trame sonore intessute dal trio, su cui si erge con delicatezza il sommesso ma ancor più incantevole canto in inglese di Costanza, che esprime al meglio il titubare fra identità e dualismo (“Bengala” vs. “Gemini”), affermazione di sé e spersonalizzazione che attraversa il disco.
Prodotto da Josh Bonati, già collaboratore di Mac DeMarco, Zola Jesus e David Lynch, “Knocturne” è un album dal respiro internazionale che siamo certi saprà mietere consensi tanto a livello locale, quanto internazionale, come ben testimonia la roadmap del tour fra Italia e USA. Di sicuro, siamo di fronte alla conferma di una delle migliori band di culto della nostra scena alternativa.
Tracklist:
