Matteo Vallicelli
“Primo”
2017 – Captured Tracks
Uscita: 03/02/2017
“Primo” è l’album d’esordio di Matteo Vallicelli, nato dalle suggestioni respirate a Berlino, città in cui il musicista di Forlì ha avuto la possibilità di immergersi completamente nello studio delle potenzialità dei suoni sintetici di sintetizzatori analogici, arpeggiatori monofonici e oscillatori. Quello che ne è scaturito è un lavoro compatto e profondo il cui fluire disvela piccole sfumature che rendono i brani avvolgenti all’ascolto e fascinosi nella loro calda ineffabilità. Dopo avere militato come batterista negli Smart Cops, Wildmen e Soft Moon, Vallicelli si prende una pausa di quattro anni e si trasferisce a Berlino, capitale della scena elettronica mondiale, luogo dove non a caso Bowie ha concepito la sacra trilogia berlinese costituita da “Low”, “Heroes” e “Lodger”. Le undici tracce di “Primo” fanno da sfondo ad un viaggio interiore, inquieto come un sonno disturbato da improvvise apnee del respiro, oscuro e materico, labirintico nel suo seguire un percorso polimorfo. L’ispirazione in fase compositiva risente della frequentazione di musiche per sonorizzazioni, quella library music intesa come musica di servizio che negli anni settanta ha coinvolto il gotha dei compositori italiani, rappresentando uno dei periodi di maggiore creatività per l’avanguardia italiana.
I brani poggiano la propria forza propulsiva su micro textures prodotte da variazioni del portamento sonoro le cui sfumature sono rese possibili dalla natura analogica della strumentazione utilizzata, così come nella iniziale reiterazione di “Frammenti” o nella successiva “Nuova notte”, giocata sui reverberi di note metalliche. “Il balletto di stelle” sarebbe perfetto come colonna sonora di un noir italiano d’antan, mentre “Lacrime d’estate” potrebbe essere un brano di Luis Vasquez, preso direttamente dall’album “Deeper”, allo stesso modo di “Giungla elettrica”, l’unica traccia in cui compare un pattern ritmico dall’incedere metronomico e di derivazione new wave. L’arpeggiatore di “Michelangelo” e di “Futuro” si struttura su piani tonali diversi che si sovrappongono aprendosi ad una dimensione cosmica di scuola kraut. In chiusura troviamo “Ore di tempesta”, interessante per la natura onomatopeica dei suoni e per la tensione apocalittica che riesce a creare. “Primo” è un disco di ricerca la cui principale pecca può essere ravvisata nel rasentare in alcuni passaggi il mero esercizio di stile se non addirittura una deriva di autocompiacimento. Al di là di ciò, l’album è una prova coraggiosa e colta di un musicista dotato di ottime idee e di cui sentiremo parlare, non solo per le sue doti di batterista.
Giuseppe Rapisarda