Please be mine è l’album di debutto della cantante statunitense Molly Burch con l’etichetta di Brooklyn Captured Tracks. Non per pregiudizio, non si fa (specialmente con un primo album), ma appena ho avuto sotto gli occhi titolo e tracce non ho potuto fare a meno di pensare al classico LP che sa di ragazza mollata e cuore infranto. Un disco da pigiama, gelato e lacrimoni. Mi aspettavo di essere pervasa dalla disillusione del primo amore finito e dunque da qualcosa che fosse un po’ immaturo e acerbo. Invece la giovane Molly mi ha sorpresa, la ragazza ha sì il cuore spezzato ( o lo ha avuto in passato ) e sa esattamente di cosa parla, ma lo fa con l’eleganza di una veterana delle fregature amorose, una che la sa lunga e che te la vuole raccontare con calma.
L’intero disco – dalla prima all’ultima traccia – sembra avvolto da un’atmosfera retrò tipica degli anni ’60, le melodie e il timbro dell’esordio dell’americana, anche come autrice e non più solo come interprete, ricordano chiaramente la Nina Simone che la stessa Burch ha dichiarato di ascoltare sin da bambina. Cresciuta a pane e arte, grazie alla location ( Los Angeles ) e a due genitori nel campo: papà scrittore/produttore e mamma direttrice di casting, la cantante viene spinta a trovare ispirazione e stile lontano dalla blasonata città degli angeli, prima in North Carolina e poi in Texas.
La Burch sembra quasi docile nel raccontarci delle sue pene d’amore, ma la mancanza di stizza e di astio urlato non è una pecca o una mancanza, è anzi una sofferenza armoniosa per l’ascoltatore. Delicata al punto che se non si fa caso ai testi, ai titoli e al tema dell’album, si può considerare Please be mine un album per rilassarsi e liberare la mente.
Ascoltando invece attentamente testi e tematiche trattare, si crea il clima perfetto per un mood malinconico ( tra tutti I love you still e Downhearted sono i più empatizzanti ). Quindi attenzione se siete particolarmente fragili al momento! In caso vi consiglio di procurarvi uno sherpa da ascolto – una guida mentalmente più stabile di voi – che vi tenga d’occhio e lontano da oggetti contundenti e finestre aperte, perché l’ascolto vale il disturbo.
Francesca Romana Piccioni