Amadeus ci ha messo qualche giorno per pronunciare correttamente il suo nome, ma alla fine Rkomi si è fatto conoscere e riconoscere nella pluralità di sorprendenti nomi dell’ultima edizione del festival di Sanremo. Mirko Martorana, 27 anni, nato e cresciuto a Milano, interamente vestito di pelle nera, ha presentato durante la kermesse televisiva “Insuperabile”, contenuta nel repack del disco più venduto del 2021, “Taxi Driver”, un vero e proprio concept album che ospita alcuni tra gli artisti più importanti della scena musicale contemporanea italiana. Dopo la versione “MTV Unplugged”, ispirata a un celebre live album dei Nirvana, “Taxi Driver” assume una nuova veste, includendo, oltre alla canzone che ha portato Rkomi a posizionarsi 17esimo nella discussissima classifica finale, “La coda del diavolo”, in collaborazione con Elodie, “Maleducata”, con Dargen D’Amico, “Ho paura di te”, con i Karakaz, concorrenti di X-Factor 2021, “Autobus di notte”, “Amico dove sei”, e la cover con cui si è esibito nella penultima serata di Sanremo accompagnato dai Calibro 35, “Fegato fegato spappolato”, brano di Vasco Rossi del 1979.
“Credevo di aver visto molte cose e invece non ho visto niente”. Così Rkomi ha commentato la sua partecipazione al Festival nello studio riservato all’interno dell’Ariston a Radio 2, all’interno dello spazio condotto da Ema Stockholma e Gino Castaldo. In seguito alla sua ultima esibizione sul palco che incute timore anche a veterani come Morandi o Ranieri, si è definito un cantante atipico. Uno che “magari non prende tutte le note”, ma che mette passione e cuore in ognuno dei suoi progetti. Lo abbiamo visto bene: già molto prima di “Taxi Driver”. Eppure sembra che questa volta la sua voce sia arrivata davvero a tutti, indipendentemente dalle categorizzazioni che lo vogliono rap, rock o pop a seconda della strada che la sua musica sceglie di intraprendere di volta in volta. La tendenza di catalogare l’arte per renderla maggiormente comprensibile è una cattiva abitudine che impedisce di concepire nell’immediatezza la totalità del quadro generale. Bisognerebbe, forse, non parlare di stile o di genere, ma cogliere l’incredibile capacità di Rkomi di evolversi a seconda dell’ambiente da cui viene condizionato e da cui, comunque, riesce a distaccarsi, trovando un proprio linguaggio.
Nei suoi lavori artistici si respira una Milano che cambia insieme a lui: Calvairate e i quartieri popolari, municipio 4, la metropoli e gli autobus di notte, “così generosi/ così ingiusti”. La stessa Milano di Dargen, di Marracash, di Guè, di Tedua, di Fedez e di Ernia, che assume forme diverse a seconda di chi la narra. È un movimento, il loro, che sembra aver avuto nell’ultimo triennio una rinascita che ha coinvolto anche chi con il rap non c’entrava niente. Alcuni, fra i nomi accennati, hanno raccontato Milano in “Puro Sinaloa”, pubblicato nel 2019, remake di “Puro Bogotà” dei Club Dogo, emblema di una generazione di rapper che ha cambiato la percezione del genere in Italia. Se “Purò Bogotà” voleva rappresentare la Milano della fine degli anni ’90 e dell’inizio del terzo millennio, “Puro Sinaloa” fotografa la stessa città tra il 2010 e il 2020, vista dagli occhi di un’altra generazione di musicisti. Non si tratta solo di un tributo, ma anche e soprattutto di un adattamento (la maggior parte delle barre viene ripresa e riadattata), reso possibile dalla produzione ad opera di Don Joe.
Le produzioni, firmate, tra gli altri, da Night Skinny, Junior K, Shablo, hanno fatto di “Taxi Driver” un prodotto discografico di successo, riuscendo ad abbracciare un pubblico di ascoltatori variegato e che ha accolto con entusiasmo la novità e la tradizione in esso insite, come già era accaduto per “Persona” di Marracash nel 2019 e “Gemelli” di Ernia nel 2020. Un progetto universale, che ha superato i confini segnati dalla rigida convenzionalità imposta da chi non vuole vedere la musica come l’inevitabile fusione di più narrazioni.
A quanto pare, Rkomi sembra aver superato anche l’“ultima curva”.