Mad Woman è il disco d’esordio di Teta Mona, uscito il 20 dicembre per Garrincha Go Go. Nato come un’evoluzione dell’EP “Sheena” (2015), questo nuovo lavoro, interamente registrato e prodotto in casa, rappresenta l’unione tra un cantautorato psych-folk e l’ipnotismo del dubwise.
Ho intervistato l’artista pugliese.
“Mad Woman” è stato concepito come naturale evoluzione di “Sheena”. Parlaci un po’ meglio di questa crescita?
È interessante pensare a Mad Woman come una crescita, ma più che una crescita io guardo a Mad Woman piuttosto come un indugio. Abbiamo scritto questo disco in 7 mesi e ad eccezione di Last Word is Mine e degli ” interludes”. Non c’è nulla che sia stato scritto prima di marzo 2016. Posso dire di essermi divertita moltissimo a suonare in Puglia per un pubblico genuino. Ho deciso di continuare questo progetto perché ho trovato un modo per connettere la mia musica alle persone della mia terra.
Com’è nata la collaborazione con Prince Jaguar?
Nell’inverno del 2014 ho trascorso la maggior del mio tempo in Puglia con Paolo, che non era ancora Prince Jaguar, ma già produceva Dub Music e lavorava come regista in radio per uno show chiamato Uno GT: un programma di soli vinili che ogni martedì sera raccontava la storia del reggae attraverso le selezioni di un gruppo di artisti ed attivisti di Altamura. Grazie a lui, e grazie agli amici che avevamo in comune, abbiamo cominciato a suonare assieme le mie canzoni. Nel frattempo il mio basso Fender Jaguar era ormai diventato il prolungamento delle sue braccia. Suonava il dub con un suono assolutamente garage: un accostamento potenzialmente letale. Per gioco abbiamo cominciato a chiamarlo Prince Jaguar, e poi lui è diventato davvero Prince Jaguar…
La tua carriera comincia nel 2003 a Londra, da allora sei rimasta all’estero per parecchio tempo prima di ritornare in Italia. Come ti hanno condizionato a livello musicale questi anni?
Beh. Questo me lo dovete dire voi, ascoltando la mia musica.
Nel 2012 hai collaborato anche al disco di Dylan Carlson, chitarrista degli Earth. Che ricordi hai di quella esperienza?
La Strega and The Cunning Man è uscito nel 2012, l’ho cantato tutto io e a volte, ancora adesso, non ci credo neanche io. Dylan mi ha insegnato a muovermi in modo consapevole in questo tempo ibrido che è la discografia mondiale. Non dimenticherò mai quella esperienza, né la sua grande umanità, nonostante quello che lui e la sua storia rappresentino. Dylan è un uomo estremamente elegante, colto ed intelligentissimo.
Nel nuovo album è presente anche una cover di Mina, “Whiskey”, ti piacciono le sfide “pericolose”?
Direi proprio di sì.
Hai avuto la possibilità di lavorare a stretto contatto con la cultura dei Sound System sin da piccola…
Fra la fine del 1996 e l’inizio del 1997 con una serie di session in campagna. In quel periodo iniziava l’I&I Project Sound System, poi inserito nella prima scena dei sound system reggae italiani autocostruiti e nella storia dei sound system del mondo. Ho passato molto tempo con loro, fino al 2003. Io ero troppo pischella però, troppo acerba per competere con i giganti, le cantanti americane o Meg dei 99 Posse. Starei una eternità a parlare di quanto l’I&I di Altamura mi abbia insegnato tutto quello che sono. Il rispetto e l’affetto nei confronti dei padri fondatori della mia cultura è imprescindibile. Proprio quest’anno si festeggiano 20 anni della sua nascita: ho una grande consapevolezza e un legame fortissimo con loro e con quello che hanno creato per la cultura artistica del nostro paese.