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No Interview -“Re-Birth”, il primo album da solista di Pier Bernardi

È uscito il 24 febbraio Re-Birth il primo album da solista del giovane bassista e compositore emiliano Pier Bernardi. Un disco interamente strumentale attraverso cui l’artista racconta la sua vita e le sue emozioni. Dieci tracce che vedono la partecipazioni di grandi musicisti internazionali e che vogliono proprio sottolineare come la musica possa essere un collante per tenere unite culture, suoni e soprattutto persone.

 

“Re-Birth”, una rinascita artistica o personale?

Artistica e personale. I due aspetti sono legati intrinsecamente uno all’altro, viaggiano insieme. Da musicista ho sentito il bisogno di dare spazio alla mia vena compositiva che ha attinto a piene mani dalla mia esperienza personale. E’ stato tutto molto naturale ma durante le sessioni di composizione l’ispirazione è sempre arrivata da un ricordo o una persona della mia vita. E io ho lasciato che ognuno di questi episodi si facesse raccontare mentre io lo traducevo in musica. E ogni brano composto raccontava un pezzetto di me stesso, in un percorso che a posteriori è stato un viaggio verso una rinascita. Ho guardato a molte cose del mio passato con una visione nuova, come se la musica mi avesse aiutato a sistemare un disordine naturale dato dal vissuto che mentre lo vivi non sempre riesci ad inquadrare. “Re-birth” racconta delle persone che hanno accompagnato la mia crescita fino a diventare l’uomo che sono oggi. La prima morosa, la mia migliore amica scomparsa troppo presto, mia madre, mio padre…ogni brano è un volto che ricordo con affetto o che ancora mi gira intorno nel quotidiano.

 

 

Nella lavorazione in studio di questo disco hanno collaborato musicisti provenienti da tutto il mondo. Questo che valore aggiunto ha dato al risultato finale?

E’ stato un apporto di mondi ed esperienze indispensabili sia a livello professionale che a livello umano. Ogni musicista che è entrato in studio con me è stato libero di esprimersi attraverso il proprio strumento, senza nessuna limitazione. Alcuni brani dell’album hanno trovato la propria anima attraverso questo approccio. Ad esempio “I’m ready now”, nata da un riff di Ace che aveva in testa quella musica già dalla sera prima della registrazione. L’entusiasmo, la passione e la  bravura di Ace e Michael, e la professionalità di Roger, David, e Paolo hanno contribuito in maniera decisiva a dare alle mie idee compositive il lustro che meritavano.

 

 

Hai alle spalle una carriera densissima, piena di collaborazioni e live. Com’è giunto il desiderio di scrivere solo per te?

I live sono un momento di energia, in cui sali sul palco pieno di quella carica che serve per fare un bello spettacolo, divertirsi e far divertire. Le collaborazioni con altri artisti costituiscono una grande occasione di crescita però può capitare di doversi tenere un passo indietro per la buona riuscita di un progetto. Io sono una persona molto introversa (anche se non si direbbe), tendo a tenere dentro me molte emozioni e sensazioni. La mia vita, a livello emotivo, non è stata finora una passeggiata e a un certo punto ho capito che il mio basso era lo strumento giusto per dire ciò che con le parole non è sempre facile argomentare. Comporre per “Re-birth” è stato un momento in un certo qual modo catartico. Ho sentito forte e chiara la necessità di compiere un percorso personale e la musica mi ha aiutato a soddisfarla.

 

 

Un aneddoto, che ti porti dentro, accaduto durante la registrazione di “Re-Birth”?

Riguarda la nascita del brano “Grace” così come lo potete ascoltare nel disco. Questo brano sarebbe dovuto essere di solo basso finché un giorno, durante le registrazioni del progetto “Fermi Paradox” in cui ero coinvolto in qualità di bassista, il mio produttore Giovanni Amighetti ha avuto l’idea di farla suonare ai musicisti presenti. Nella fattispecie si trattava di David Rhodes, Roger Ludvigsen e Paolo Vinaccia ovvero dei mostri della musica internazionale. Avevamo finito con anticipo le registrazioni inerenti questo progetto ma ci era avanzata la voglia di suonare! E niente, ho fatto ascoltare loro il brano e quei talentuosi musicisti hanno iniziato a seguire la musica…è stato magico. Il risultato di quella take è il brano 6 di Re-birth.

 

 

A che età e come ti sei avvicinato al basso?

Ero un ragazzetto, dodici anni. Un mio amico mi ha fatto ascoltare il suono del suo basso e io me ne sono innamorato. Praticamente il giorno dopo ero in uno storico negozio di musica di Parma a comprare il mio primo basso e da lì ho cominciato a studiare.

 

Quanto è terapeutica per te la musica?

La musica è il mio linguaggio d’espressione. La intendo terapeutica nel senso che mi aiuta a farmi comprendere quando le parole non sono sufficienti per esprimere la complessità delle emozioni. Intendo sia attraverso quella che faccio io, sia attraverso quella di altri musicisti che mi piace ascoltare.

 

Intervista a cura di Cinzia Canali

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Cinzia Canali nasce a Forlì nel 1984. Dopo gli studi, si appresta a svolgere qualunque tipo di lavoro, ama scrivere e ha la casa invasa dai libri. La musica è la sua passione più grande. Gira da sempre l'Italia per seguire più live possibili, la definisce la miglior cura contro qualsiasi problema.

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