Un ritorno sicuramente particolare e interessante quello della musicista parigina Cleo T. con il suo nuovo disco, And Then I Saw A Million Skies Ahead. Elettronica predominante e molto altro in questi undici brani dove musicisti provenienti da Paesi diversi si sono incontrati nel gospel, nei ritmi balcanici, nel neo soul, nell’elettronica glitch, nel pop francese e nel funk.
Cosa rappresenta per te “And Then I Saw A Million Skies Ahead”?
Un tempio interiore dove vado giorno e notte per sognare. Sogni dove costruisco immagini, suoni e colori riportati da viaggi, per potere poi inserire parole ereditate dalle lingue conosciute e sconosciute imparate negli incontri, nei musei e nei teatri, un posto a cui ho affidato tutto il mio immaginario oro/luce negli ultimi 3 anni.
Perché hai voluto che proprio Rodion producesse questo album?
Ero alla ricerca di qualcuno che potesse creare questo spazio, capace di contaminare influenze e mondi musicali diversi, per unire l’electro a composizioni più classiche, visioni contemporanee ad altre più tradizionali, come crocevia di culture. Rodion era la persona perfetta: pianista di talento, adoratore di Bach, musicista elettronico che collabora ogni giorno con artisti internazionali fantastici.
Hai registrato il disco a Berlino. Che valore ha questa città?
Berlino è una città molto aperta, con spazio per i sogni e per la creatività. Esteticamente è sicuramente meno spettacolare di Parigi o Roma, dove ho lavorato, ma per alcuni aspetti la bellezza emerge in un modo molto più inusuale. E’ anche una città crossroad, che tutti possono vivere e attraversare its own way, senza la pressione di Londra o Parigi. Corrisponde molto allo stato d’animo di questo secondo album.
Tanti musicisti, provenienti da undici Paesi diversi. E’ stato semplice cooperare?
Abbiamo dovuto trovare uno spazio comune, al di là di riferimenti e abitudini musicali. Abbiamo parlato di colori, sensazioni, di ricerca, di miti. E’ stato molto istruttivo. In questo album, più che mai, il percorso è stato per me più importante dell’arrivo.
Un episodio accaduto durante la lavorazione di “And Then I Saw A Million Skies Ahead” che ricordi con piacere?
Ho scritto tutte le canzoni a Roma, durante una residenza a Villa Medici. Mi ricordo della mia ginnastica quotidiana: una passeggiata in una delle epoche romane, le terme di Caracalla o il Macro, ore di cammino e di lavoro senza notebook o penna. E’ stato naturale per me iniziare a cantare mentalmente melodie step by step, impostando le parole sulle curve delle strade, sugli argini di un fiume o all’ombra degli alberi. Roma è la topografia emotiva del disco. Ad esempio, il titolo di «Des Orages au fond des yeux” ha il colore giallo ocra del fine pomeriggio invernale dal ponte Cestio.
E’ previsto un tour estivo?
Al momento ci sono solo concerti a Napoli.
But who knows ?
Intervista a cura di Cinzia Canali