E’ uscito a novembre, per Irma Records, il primo disco solista di Tiziano Bianchi, Now and Then. Un album nato in un momento particolare del trombettista in cui percepiva tutto distante e incomprensibile. Un lavoro dalla forte potenza evocativa in cui la musica rappresenta una vera e propria ragione di vita.
Nove brani che vi consiglio di ascoltare.
“Now and Then” è nato in poco tempo. Tu per primo hai detto quanto sia impressionante la velocità con cui può prendere forma la musica una volta individuata la direzione. E’ stato facile trovarla questa direzione?
Decidere la direzione da dare al progetto è stata la parte più lunga del processo. Ho fatto diversi tentativi di dare forma ai miei brani, alcuni soddisfacenti e altri meno. Questo lavoro è stato fondamentale per capire che tipo di suono stavo cercando. Ho capito chiaramente che questa era la formazione giusta e da lì in poi l’arrangiamento e la registrazione dei brani è stato relativamente rapido.
I brani contenuti in questo lavoro sembrano fungere da specchio alle emozioni, spesso contrastanti, che accompagnano la nostra quotidianità. Sei d’accordo?
Questi brani sono nati dal tentativo di trovare rifugio nella musica, dopo un periodo un po’ negativo. A volte le emozioni della nostra quotidianità e la vita che facciamo ci portano a essere confusi o abbattuti. Volevo che i brani dell’album e la generale atmosfera trasmettessero serenità e fiducia.
Perché la scelta di utilizzare il violoncello al posto del contrabbasso?
Il violoncello è sempre stato uno dei miei strumenti preferiti. Per questi brani avevo pensato ad arrangiamenti molto asciutti, limpidi, con pochi strumenti di cui valorizzare il suono. Ho scelto il violoncello perché poteva suonare sia le parti melodiche che svolgere il ruolo di accompagnamento al posto del contrabbasso.
Che emozione è stata farsi produrre l’album da Tiger Okoshi, già tuo docente al Berklee College of Music di Boston?
E’ stato un grande onore e privilegio. Tiger Okoshi ha suonato con moltissimi mostri sacri del jazz e la sua competenza ha fatto la differenza in studio. E’ stato anche un grande insegnante per me nei miei anni a Boston, e mi piace il fatto che questo si ricolleghi al titolo del disco: Now and then, ora e allora. Una persona importante del mio passato ha svolto un ruolo importante nel mio presente, producendo il mio primo disco.
C’è anche la partecipazione di Giovanni Lindo Ferretti nel brano che dà il titolo al disco. E’ risaputo che Ferretti non sia molto affine alle collaborazioni; come l’hai convinto?
Ho avvicinato Giovanni a piccoli passi, negli anni. Sapendo quanto sia difficile coinvolgerlo in collaborazioni, considero la sua partecipazione al mio disco come un grande regalo e attestato di stima. Credo abbia compreso l’onestà del progetto e abbia apprezzato il mio legame con il mio paese d’origine, Castelnovo ne’ Monti, sull’Appennino tosco-emiliano.
Com’è nata l’idea di arrangiare un brano dei Radiohead e uno di Erik Satie?
Questo progetto è nato inizialmente come trio (tromba, pianoforte e violoncello). Non ero sicuro che il violoncello potesse funzionare in un contesto jazzistico, così sono partito arrangiando il brano dei Radiohead e di Satie per trio. Pur essendo molto distanti come genere e periodo, i due brani mi sono entrambi molto cari e si può dire che abbiano dato il via a tutto il progetto “Now and then”.