Antarte “Isole”
Etichetta: Megaphone Label
Uscita: 26/01/2018
“Isole”, il nuovo album degli Antarte, ha un’architettura spirituale strutturata sulla forza emotiva di brani nati come fossero il racconto intimo di una nostalgia lontana che residua e ciclicamente riaffiora come una marea. E’ l’artwork di copertina a ritrarre la sagoma di un uomo in mare mentre guarda il passaggio lontano di una nave, come fosse una meta irraggiungibile, una sorta di distanza incolmabile che separa il sé dalle cose. Proprio nello spazio di questa ideale cesura si inscrive la musica impalpabile degli Antarte, una musica che trae le proprie pulsazioni vitali da un corpo post rock destinato però a dissolversi in nebbie slow core. Prendendo in prestito il titolo dal film di Alejandro Amenábar, potremmo dire che “Isole” ha “il mare dentro”, tanto è pervaso da una lentezza sinuosa che fa pensare al respiro di una enorme distesa acquea, immutabile al corso del tempo ed insensibile all’avvicendarsi delle vite degli uomini.
Quattro anni dopo l’esordio intitolato “Olio su Tela”, “il nuovo “Isole”, pubblicato per i tipi della parigina Megaphone Label, è stato registrato ad Agrigento ma masterizzato in Inghilterra al SAM Studio da Simon Heyworth, ingegnere del suono già al lavoro con Nick Cave, Depeche Mode, King Krimson e Brian Eno, a cui si deve una resa crepuscolare nella produzione dei suoni ed un lavoro di emersione di tutto quel corredo di dettagli che asseconda le traiettorie oniriche dei brani.
L’attitudine dei brani è strumentale, nonostante le parti cantate in italiano siano sempre comunque funzionali nella scelta delle parole alla resa complessiva. Per certi versi è proprio il cantato a rasentare la criptica linguistica di Alberto Ferrari dei Verdena con cui vi è un legame armonico sotterraneo anche se sviluppato in direzioni diverse, così come si percepisce con l’opener Oasi i cui interstizi sono saturi di vapori Radiohead e delle stesse dilatazioni codificate dai Pink Floyd. Seguono la stessa linea di confine i languori della successiva I Tuoi Giorni, mentre lo strumentale Senza Luna è una immersione nel medesimo liquido amniotico dei Sigur Rós. Tanto Nessuno quanto Scirocco, entrambe ritagliate da scie elettriche di aurora boreale, sono la prova che gli Antarte hanno intrapreso un personale percorso artistico raffinato e giocato sul pathos; l’altro brano strumentale Bolina si concede ad una magniloquente deriva cameristica sviluppando un climax di spessore cinematografico, dimensione particolarmente congeniale agli Antarte, e dando vita a risultati veramente convincenti. In chiusura le rifrazioni ambient di Buona Fortuna ci dicono che il viaggio sta per finire e che si intravede ormai l’approdo. “Isole” è un album affascinante, denso di valore concettuale, dove la visione culturale si fonde con quella musicale: isola, radice del sostantivo isolamento, ci sussurra all’orecchio che la lontananza è condizione esistenziale e condanna allo stesso tempo.
Giuseppe Rapisarda