Vengono da Catania proponendoci un ruvido ed incandescente garage-punk-rock i Rough Enough, al secolo Fabiano Gulisano (chitarra e voce) e Raffaele Auteri (batteria e cori), un esplosivo duo che di primo acchito verrebbe da inquadrare negli stilemi tracciati da celebri band come White Stripes e Black Keys, salvo poi ascoltare con attenzione “Molto poco Zen” ed accorgersi dell’importante sforzo di questi due musicisti nel cercare una propria personalissima via del rock.
Registrato e mixato al Sonic Fun House della città etnea, la seconda opera del “power duo” è un album maturo e ricco di spunti interessanti che si lascia apprezzare per intero in tutti i dodici pezzi che lo compongono, nei quali troviamo piena ispirazione e maturità compositiva. Ribelle e punk, ma con una buona causa ed assolutamente rock nonostante i tanti spunti riflessivi che nascono dai testi, “Molto poco Zen” è un affresco, o meglio, un variopinto graffito in cui Fabiano e Raffaele con parole e musica ci esprimono riflessioni affatto scontate sui pessimi comportamenti che gli individui assumono nella quotidianità avvelenando il clima sociale, sulle paure che impediscono di vivere appieno la nostra vita e su tutti quegli aspetti negativi del mondo che fanno venire voglia alle persone più sensibili di arrendersi .
Non è tuttavia negativo e rassegnato il mood che emerge dalle canzoni dei Rough Enough: la loro è al contrario una rabbia stimolante e pro/positiva, un’incitazione a riprendere in mano le redini della vita e a fare qualcosa di concreto per rendere le cose migliori; non è l’atteggiamento “Molto poco Zen” dell’incivile protagonista della title-track che conclude il brano, ma quell’infervorarsi per una giusta causa che sproni a rompere gli schemi e gli stereotipi di un mondo che va cambiato. Così si può cercare di rompere le paralizzanti barriere della noia a suon di chitarre (“Mackie”) ricordandosi che tuttavia non serve a nulla chiudersi al mondo nel conforto di una bella canzone (“Una lunga serie di scelte sbagliate”), responsabilizzandosi e non dicendo più “Non è colpa mia”.
I testi prosaici di Fabiano colpiscono tanto per le parole quanto per la musicalità che assumono nel loro cantato/recitato in perfetta sinergia con le sonorità metal della sua chitarra e quello punk della batteria di Raffaele: il risultato è un sound massiccio e vivido dannatamente efficace, figlio di un’ottima produzione che trova il giusto equilibrio fra pulizia e ruvidezza. Sono quindi dodici brani sinceri ed intensi che scorrono piacevolmente nello stereo per l’intera durata dell’album (46 minuti inclusa l’outro nascosta in stile noise/post punk), spingendo l’ascoltatore ad alzare il volume per apprezzare al meglio tanto le parole quanto la musica, che nella sua ricchezza riconduce a molte band in ambito rock, punk, garage e anche dark – in “Finché morte non ci separi” abbiamo trovato sorprendenti quanto gradite assonanze con le chitarre di Rikk Agnew nei primi Christian Death – ma riesce nel complesso a dar vita ad uno stile assolutamente personale.
Grazie a “Molto poco Zen” e ad altri progetti in uscita, anche il 2019 della musica italiana sembra dunque iniziare nel segno del rock: ne sentiremo delle belle, come si suol dire, ed i Rough Enough sono sicuramente fra le band da seguire, sicuramente destinati a lasciare il proprio segno in questa nuova annata musicale.
Tracklist:
1. Mackie – videoclip
2. Una lunga serie di scelte sbagliate
3. Finché morte non ci separi
4. Non è colpa mia
5. Il quarto stato
6. Polvere
7. U.F.O.
8. Kairo
9. Ode ai relitti
10. Noia
11. Esercizio di stile
12. Molto poco Zen