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No Review – “Caligula” di Lingua Ignota: l’inconscio come abisso

Lasciami odiare fintanto che mi temono“, urla Kristin Hayter nel suo lavoro più ambizioso intitolato “Caligula”, materia sonora oscura in cui confluisce sangue e fiele, nichilismo mistico, alienazione ed estasi. La Hayter è una figura difficile da definire, artista immersa nella continua ricerca e sperimentazione dell’estremo come metodo di catarsi dall’ipocrisia e dagli schemi di una moralità collettiva deforme e volgare. La musica di “Caligula” rivendica il proprio diritto a non avere un nome, di cancellare con la lama di un coltello il marchio a fuoco impresso sulla pelle al momento della nascita come simbolo di appartenenza.

Non è un caso che l’artista abbia rinunciato al proprio nome per assumere il moniker di Lingua Ignota, ispirandosi all’omonimo sistema alfabetico di 23 litterae ignotae, ideato per scopi mistici dalla badessa Ildegarda di Bingen; a ciò viene abbinato concettualmente il nomen di Caligula, imperatore che incarna la polarità della vendetta e del sangue. Tutto procede sulla base di registri di diversa estrazione, come la magniloquenza di arrangiamenti sempre pervasi da pathos e teatralità in cui trovare le innodie sataniche che rimandano alle intonazioni di Diamanda Galas. Perché Lingua Ignota invoca l’apertura del vaso di Pandora per inaugurare una cosmogonia maligna, un fosco equinozio in cui le ombre si allungano sulle coscienze sino ad obnubilarle. 

L’album è stato registrato con un parterre di ospiti che dà la cifra di una musica indescrivibile sul piano delle definizioni di genere. Ecco sfilare gente del calibro di Sam McKinlay di THE RITA, Bill Bruford, batterista di The Body, Ted Byrnes, Dylan Walker dei Full of Hell, Mike Berdan degli Uniform e Noraa Kaplan. 

L’opener Faithful Servant Friend of Christ si apre con un baluginio ambient ed uno sfrigolio inquieto degli archi su cui si innalza una declamazione severa da rito bizantino, ma è già con la successiva Do You Doubt Me Traitor che si spalancano le porte degli inferi con un incedere che segna una dolorosa trasformazione animalesca vicino al concept di Wreckmeister Harmonies. Dopo la drammaturgia di Butcher of the World, sorta di esorcismo che consuma il corpo prima della liberazione rituale, troviamo May Failure be your Noose, piccola suite cameristica in cui il growl demoniaco si intreccia alla solennità delle frequenze eteree di Kate Bush. Fragrant is my Many Flowerd Crown è uno dei momenti più alti dell’album: ballata per solo voce e piano in cui il cantato è toccante e sommesso come il racconto esausto di chi si lava dal sangue dei nemici dopo un giorno di feroce battaglia.

In If the Poison wont take you my Dogs Will Lingua Ignota dà prova di una incredibile capacità interpretativa, indossando contemporaneamente la maschera di due soggetti diversi che prendono voce a turno. L’organo chiesastico di Day of Tears and Mourning introduce la furia distruttiva tipica di The Body, Sorrow Sorrow Sorrow è la quiete bucolica dei Clannad ed in Fucking Deathdealer la Hayter assume la livrea di Grace Slick. In chiusura, la sonata di I Am the Beast che celebra la speranza prima che tutto vada a fuoco, tingendo di rosso la notte.

Caligula” è un album dal percorso impervio, dove la luce passa attraverso piccole fessure dividendosi in un caleidoscopio che proietta sulla pelle infinite lame taglienti. La musica di Lingua Ignota è la poetica del versante irrazionale e più arcaico dell’inconscio, quello che viene prima di noi. 

Il disco costituisce un’opera notevole, frutto di una visione che non si pone limiti ad osservare tanto le cose del cielo, quanto il fluire scomposto delle anime dannate imprigionate negli abissi. 

Giuseppe Rapisarda 

Written By

Avvocato, appassionato di musica. Da quando il padre gli regalò la cassetta di "Outlandos d'Amour" dei Police non ha più smesso di comprare dischi. Sa essere concreto anche se, di tanto in tanto, si rifugia in un mondo ideale sospeso tra le canzoni di Neil Young e le divagazioni oniriche dei romanzi di Murakami.

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