Gli Est-Egò sono un gruppo torinese space-rock formatosi nel 2015: Davide Invena (chitarra e voce), Nicolò Capece (basso e voce), Fabrizio Dell’Aiera (chitarra) e Marco Taverniti (batteria).
Suoni psichedelici, un pianeta immaginario, miti e profezie, visioni mistiche, distruzioni e rinascite…e si potrebbe andare avanti, ma poco importa. L’album omonimo di questo gruppo è un lavoro degno di nota in cui, finalmente, ci si lascia andare alla sperimentazione senza imposizione di limiti. Arrangiamenti particolarmente curati e testi ermetici ma senza cadere nell’incomprensibilità.
Il brano di apertura si intitola Rinascente. Scelta perfetta, una mente che si crea dal nulla diffondendo la luce. Chitarre in risalto e voce delicata in contrasto col suono duro della batteria. Dortmund è un pianeta immaginario in cui vivono esseri umani e non umani; l’intero concept di questo disco racconta proprio le dinamiche di questo “non-luogo”. La canzone, a cavallo tra mito e profezia, parte piano, leggera, per poi aprirsi e sfociare in un finale epico.
Pangea pit, una sorta di preghiera verso Ejkilgan… “proteggici, muovi la tua mano sull’invasore o morirò, scomparirò senza un fine, senza un nome”. Evidente il richiamo al post-rock nordico in questo brano che è sicuramente la perla dell’ album. L’ultimo pezzo, Andersen, è un susseguirsi di ritmi eterogenei in cui si passa dal presagio della distruzione alla vera catastrofe, ma è tutto relativo in quanto dal buio più totale nasce sempre qualcosa di nuovo. Ed è da qui che ci si ricollega al primo brano, “Rinascente”, perché la struttura di questo album è ritornante e circolare come un uruburo.
Un Ep che merita più di un ascolto, che tu sia in una spiaggia deserta, al buio di una camera da letto o protetto dalle pareti di un mondo immaginario. Un album che, in fondo, lancia un messaggio di speranza e ottimismo.
Ci si augura che gli Est-Egò non perdano mai la loro spontaneità e la voglia di ricercare e raccontare quei suoni e quei mondi, fantascientifici o meno, che li appassionano. Ottimo e originale esordio.
Recensione di Cinzia Canali