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No Review – “Il Nuotatore”: canzoni dall’ultima notte del mondo

Scusami amore ma, lo sai, non sono io / l’uomo che studia la strada / prima di mettersi in cammino”. I versi di Una voce a Orlando ci dicono che non c’è mai stato nulla di calcolato nella scrittura dei Massimo Volume, nessuna teoria prestabilita alle cui ipotesi rispondere, nonostante un nucleo di rigore e di analisi interiore ed universale. Il brano apre “Il Nuotatore”, album che giunge a distanza di quasi sei anni da “Aspettando i Barbari” e che segna il ritorno di una delle band più significative per la storia del rock del nostro Paese, oltreché per la rara capacità comunicativa e concettuale. Lo spazio che separa questi due lavori contiene lo spettro luminoso di una infinita serie di trasformazioni, di rielaborazioni e ripensamenti scomposti in una dimensione di essenzialità. 

I nuovi brani possiedono un senso di estrema profondità, se possibile, ancora maggiore rispetto alla densità lirica e compositiva che costituisce il peso specifico dei Massimo Volume. In questa cesura temporale che separa il nuovo album dal precedente, l’asticella che misura il livello di declino collettivo si è spostata ancora più in basso, segnando un collasso delle coscienze. Ci siamo svegliati all’improvviso accorgendoci che siamo noi stessi quei barbari che attendevamo con tanta impazienza. Proprio di questo parla il racconto di John Cheever “Il Nuotatore” che, benché pubblicato nel 1964, ancora oggi colpisce per la lucidità con cui lo scrittore americano descrive l’asfittico mondo in cui ci rinchiudiamo, fatto di villette a schiera, invidie e convenzioni borghesi putride come l’acqua di una piscina coperta di foglie. 

Cheever costituisce per Emidio Clementi l’innesco letterario di una detonazione da cui si libera una poesia crudele, legata alla realtà delle cose, asciutta e chirurgica nel suo assecondare la fisionomia di ciò che siamo in fondo. Oggi i Massimo Volume, dopo la fuoriuscita di Stefano Pilia, in pianta stabile con gli Afterhours, ritornano ad un assetto originario: Emidio Clementi, Egle Sommacal e Vittoria Burattini. Colpisce l’immenso lavoro sul suono delle chitarre di Sommacal il quale ha dovuto eseguire svariate sovraincisioni per colmare l’assenza dell’interplay con Pilia, dando vita ad un impianto emotivo e struggente come mai. Ogni brano costituisce il ritratto di personaggi che vagano senza direzione nel frastuono di una fiera delle vanità postmoderne in cui spendere il proprio tempo passando da una giostra all’altra, convinti di divertirsi. 

Il tema dell’acqua ritorna in forme diverse in tutto l’album, dalla copertina che ritrae una spiaggia affollata alle piscine che il nuotatore si impone di attraversare per ritornare a casa (Il Nuotatore), dall’acqua minerale della ditta persa al tavolo di gioco (La ditta di acqua minerale), alla laguna di Venezia lungo la quale Mimì immagina di passeggiare con Nietzsche (Fred), sino a giungere a Gilles Deleuze che firma l’esergo. Con la parata de L’ultima notte del mondo troviamo Novalis, Basinski, Bela Lugosi e Chopin tutti insieme a sussurrarci come un satiro all’orecchio che ogni vittoria è fugace. Canzoni per la mente e il cuore, necessarie quanto mai.

Giuseppe Rapisarda

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Avvocato, appassionato di musica. Da quando il padre gli regalò la cassetta di "Outlandos d'Amour" dei Police non ha più smesso di comprare dischi. Sa essere concreto anche se, di tanto in tanto, si rifugia in un mondo ideale sospeso tra le canzoni di Neil Young e le divagazioni oniriche dei romanzi di Murakami.

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